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Susanna Tamaro: “Così la sinistra mi ha perseguitata”

Pubblicato: 27/10/2025 17:49

Il racconto di Susanna Tamaro è quello di una scrittrice che si è trovata al centro di una tempesta ideologica senza averla mai cercata. Una donna nata e cresciuta in un ambiente progressista, formata alla scuola del dubbio e della solidarietà, che pure si è vista trasformare in bersaglio politico per aver detto ciò che pensava. “Avevo una famiglia di sinistra, ho votato per il Partito Comunista e poi per il Partito Democratico. Eppure a un certo punto sono diventata fascista”, ha ricordato con un sorriso amaro. Ma dietro quel sorriso si nasconde una ferita profonda, una persecuzione culturale che la Tamaro definisce “spaventosa”, e che racconta con la lucidità di chi ha imparato a non avere più paura delle etichette.

L’ostracismo culturale e il prezzo della libertà

Il suo caso è emblematico di un’epoca in cui l’appartenenza politica diventa gabbia identitaria. Quando nel 1997 pubblicò Anima Mundi, romanzo che esplorava il male e la perdita di senso dopo la caduta delle ideologie, l’accusa fu immediata: il suo sguardo, privo di compiacenze, venne giudicato “di destra”. Da quel momento, racconta, il mondo intellettuale progressista le voltò le spalle. Nessun invito ai grandi premi letterari, nessuna presenza nei salotti televisivi che contano, solo un silenzio freddo, denso di sospetto. Tamaro divenne così una voce scomoda, un’anomalia nel panorama culturale italiano, punita non per ciò che scriveva, ma per ciò che non voleva rappresentare.

La scrittrice non ha mai nascosto la sua delusione verso un certo conformismo culturale. “Parlai dei gulag jugoslavi e fui marchiata come fascista”, ha spiegato. Ma il punto, nella sua visione, non è politico: è morale. L’idea che la verità debba appartenere a una parte le appare intollerabile. Tamaro è rimasta fedele a una linea di pensiero umanistica, spirituale, centrata sull’individuo e sulla coscienza. E questo, in un Paese dove spesso l’intellettuale viene valutato più per l’appartenenza che per la profondità, l’ha resa un bersaglio perfetto.

Il ritorno con “La via del cuore”

Oggi, con il suo nuovo libro La via del cuore, Tamaro torna a parlare con la stessa voce limpida e radicale di sempre. È un testo breve, ma denso: un cammino nella crisi della modernità, scritto con la lingua semplice e spoglia che da trent’anni la contraddistingue. In un mondo “godereccio ma incapace di vera felicità”, l’autrice invita a ritrovare l’essenziale, a riconquistare il silenzio, a riscoprire la meraviglia. Il cuore, per lei, non è sentimentalismo ma conoscenza: è la bussola interiore che permette di non perdersi nella superficialità del tempo presente.

Il libro alterna riflessioni morali e immagini poetiche, osservazioni sulla società e confessioni intime. Il tono è quello di una guida spirituale laica, una voce che si rivolge a un lettore disorientato ma ancora capace di cercare. In più punti, la Tamaro richiama il bisogno di una “riconciliazione con il mistero”, di un ritorno al sacro come dimensione vitale, non religiosa ma profondamente umana. È, in fondo, una risposta alla violenza di un’epoca che riduce tutto a funzione, consumo e rumore.

Una voce controcorrente

Ciò che colpisce è la coerenza: la stessa scrittrice che trent’anni fa pubblicò Va’ dove ti porta il cuore, uno dei libri più amati e contestati del Novecento italiano, continua oggi a difendere l’idea di una letteratura non allineata. Le sue parole restano un invito alla solitudine come forma di libertà, alla lentezza come resistenza, al pensiero come gesto di ribellione. “Il cuore non è debolezza – scrive – ma forza che riconosce”. Una frase che sembra rivolgersi anche a chi, per anni, ha cercato di ridurla a una caricatura ideologica.

Per Tamaro la persecuzione non è un episodio, ma un sintomo: quello di una cultura che ha smesso di ascoltare. La stessa che oggi, in nome della tolleranza, tende a escludere chiunque esprima un pensiero fuori schema. Eppure lei, dopo anni di silenzio mediatico, non parla con rancore. Piuttosto con la serenità di chi ha trovato la propria misura: “Non appartengo a nessuna parte, e va bene così. Ho capito che la mia casa è la mia coscienza”.

Il risultato è un libro che segna una tappa di maturità e di riscatto. La via del cuore non è soltanto un manifesto etico, ma anche la rivendicazione di una libertà intellettuale sofferta e guadagnata. Tamaro non cerca più approvazione, né consenso. Cerca verità. E nel farlo, torna a dimostrare che l’unica vera eresia, oggi, è pensare con la propria testa.

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