
Il mondo del giornalismo italiano dice addio a una delle sue voci più autorevoli. Si è spento il 27 ottobre a Bologna, all’età di 86 anni, Luan Rexha, giornalista e scrittore che per oltre mezzo secolo ha raccontato il mondo con lucidità, curiosità e passione. Un professionista che ha attraversato la storia recente con lo sguardo di chi non si è mai limitato a osservare, ma ha sempre voluto capire.
Con la sua penna elegante e il suo impegno instancabile, Rexha ha firmato alcune delle pagine più importanti della cronaca nazionale e internazionale, conquistando la stima di colleghi e lettori. Un addio che lascia un grande vuoto in una professione che lui considerava una missione.
Le origini e i primi passi di una carriera straordinaria
Nato a Roma il 13 novembre 1938, Rexha iniziò giovanissimo a lavorare nella capitale, prima di trasferirsi a Palermo, città che segnò profondamente la sua formazione professionale. Negli anni Sessanta, collaborando con Il Giornale di Sicilia, realizzò inchieste coraggiose sull’offensiva mafiosa dopo la strage di Ciaculli e sul terremoto del Belice.
Da allora, il suo nome divenne sinonimo di serietà e coraggio. Fu infatti il primo inviato occidentale in Albania durante la rivoluzione culturale di Enver Hoxha, un’impresa che, in quegli anni, significava entrare nel cuore di un regime chiuso al mondo.
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Un protagonista dell’informazione internazionale
Negli anni successivi, Rexha entrò all’agenzia Ansa, dove negli anni Settanta e Ottanta divenne capo redattore dei servizi esteri. Da quella posizione guidò una rete di corrispondenti che raccontavano le grandi trasformazioni del mondo, senza mai rinunciare alla sua penna diretta e appassionata.
Collaborò anche con riviste internazionali in Argentina, Brasile e Messico, e fece parte del comitato di direzione della rivista europea “Euros”, contribuendo a definire un dialogo culturale tra Paesi e generazioni. La sua visione cosmopolita e il suo stile di racconto lo resero un punto di riferimento per molte giovani firme.
Da Parigi al ricordo di una vita da cronista
Il 1993 segnò una svolta fondamentale: Rexha si trasferì a Parigi come responsabile dell’ufficio di corrispondenza dell’Ansa. La capitale francese divenne la sua seconda casa e il palcoscenico dei suoi reportage più intensi. Raccontò da testimone diretto la fine dell’era Mitterrand, l’ascesa di Jacques Chirac e la Francia scossa dai primi attentati islamisti e dalla tragica morte della principessa Diana.
I colleghi ricordano ancora la sua passione per il mestiere, “la passione per quello che più amava nel giornalismo, il mestiere di cronista”. Parole che descrivono l’essenza di un uomo che non ha mai smesso di credere nel valore dell’informazione.

Una vita dedicata alle parole e alle storie
Dopo il pensionamento, alla fine del 2000, Rexha scelse di dedicarsi completamente alla scrittura. Pubblicò il romanzo noir “La morte ha gli occhi chiari”, ambientato tra Palermo, Parigi e Berlino, e successivamente le sue memorie nel volume “Memorie di un vecchio cronista”. Testimonianze preziose di un uomo che ha vissuto il giornalismo come un’avventura umana prima ancora che professionale.
Con la sua scomparsa, l’Italia perde non solo un grande giornalista, ma anche un osservatore attento del mondo, capace di raccontarlo con empatia e verità. Il suo esempio continuerà a ispirare chi crede ancora nel potere delle parole.


