
A Gaza si riaccende la tensione sulla gestione dei corpi e degli ostaggi. Nelle ultime ore, secondo più fonti militari, Hamas avrebbe messo in scena un finto ritrovamento di un corpo nella zona orientale di Gaza City, trasformando un normale scavo in un episodio mediatico destinato a essere filmato e diffuso. Il corpo, recuperato da un edificio semidistrutto, sarebbe stato trascinato in una buca già pronta, ricoperto di sabbia e poi “scoperto” davanti ai delegati della Croce Rossa, convocati per assistere a quello che appariva come un ritrovamento improvviso. Le riprese di un drone militare israeliano, trapelate ai media, mostrerebbero la sequenza dell’intera operazione, dalla preparazione alla messa in scena finale.
L’episodio, rilanciato dalla Radio dell’Esercito israeliano e da Channel 12, ha suscitato grande clamore in Israele, dove cresce il sospetto che il movimento islamista stia manipolando le consegne umanitarie e gli annunci di restituzione dei corpi per fini propagandistici. Per ora l’Idf non ha rilasciato commenti ufficiali, ma il governo ha chiesto una verifica interna sulle dinamiche dell’operazione e sull’effettiva autenticità del ritrovamento mostrato dai palestinesi.
Le bare e i resti duplicati
Il caso si somma a un altro episodio controverso. Una delle bare consegnate da Hamas alle autorità israeliane conterrebbe, secondo quanto accertato all’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv, resti appartenenti a un ostaggio già restituito e sepolto mesi fa. La scoperta, confermata da analisi genetiche, ha provocato indignazione e sgomento tra le famiglie dei prigionieri ancora trattenuti a Gaza, che temono un nuovo capitolo di disinformazione e caos emotivo nella gestione delle consegne. I tecnici israeliani hanno escluso che i resti appartengano a uno dei tredici ostaggi ancora prigionieri nella Striscia, chiarendo che si tratta di un errore o di un atto deliberato da parte del gruppo islamista.
Nei commenti filtrati dai vertici militari, cresce la convinzione che Hamas voglia mantenere alta la pressione psicologica su Israele, alternando veri scambi di corpi a falsi ritrovamenti per ottenere vantaggi negoziali. Il sospetto è che questi episodi siano parte di una strategia più ampia di guerra dell’informazione, mirata a destabilizzare l’opinione pubblica israeliana e a screditare i processi di identificazione ufficiali.
Netanyahu e la sicurezza a porte chiuse
Nel frattempo, in Israele, il premier Benjamin Netanyahu ha chiesto che una parte della sua udienza penale si svolga a porte chiuse, citando “sviluppi di sicurezza” avvenuti “nelle ultime ore”. L’annuncio, fatto direttamente in aula, ha spiazzato i giudici e la stampa, che seguono da mesi il processo per corruzione, frode e violazione di fiducia. “Ci sono cose che non possiamo dire qui”, ha dichiarato il premier, mentre il suo avvocato Amit Hadad ha confermato “determinati sviluppi” legati a questioni militari.
Secondo Haaretz, la richiesta di secretare parte del procedimento rappresenta un segnale politico e strategico: un modo per rimarcare che la leadership israeliana vive un momento di estrema vulnerabilità, con il fronte interno sotto pressione e la guerra di informazione che continua a spostarsi dal terreno ai tribunali.


