
Da settimane, il rombo dei motori si è spento. Le strade principali di questo vastissimo Paese africano, un tempo pulsanti di vita e cariche di merci essenziali, ora sono ridotte a sentieri silenziosi, interrotti da blocchi invisibili ma letali. L’energia, linfa vitale della modernità, è diventata una chimera. La capitale, un tempo luminosa e caotica, si immerge sempre più spesso nell’oscurità, costretta a razionare la poca elettricità disponibile. Questo soffocamento economico, imposto da forze oscure che operano nell’ombra, sta minacciando di spazzare via ogni parvenza di stabilità, spingendo la popolazione, già provata dalla povertà, verso una nuova e drammatica incertezza.

L’allarme del ministero degli esteri italiano
Il Mali sta vivendo una fase di allarme rosso a causa di una profonda e grave crisi scatenata dal blocco dei rifornimenti di carburante. Questo blocco, messo in atto da gruppi terroristici su tutte le principali arterie stradali che conducono al Paese, ha portato a una grave penuria di carburante su scala nazionale. Le conseguenze si manifestano in una drastica riduzione nell’erogazione di elettricità, creando un rischio concreto di un ulteriore e significativo peggioramento del quadro di sicurezza, specialmente nella capitale, Bamako.
In considerazione delle crescenti tensioni e delle criticità derivanti dalla crisi energetica, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, tramite una nota ufficiale della Farnesina, ha voluto lanciare un appello urgente ai propri cittadini. Il Ministero ha fermamente sconsigliato di intraprendere qualsiasi viaggio verso il Mali in questo periodo. Inoltre, tutti i connazionali che si trovano già sul territorio maliano sono stati invitati a lasciare il Paese quanto prima. La Farnesina ha anche sottolineato l’importanza cruciale per i residenti di verificare la corretta segnalazione della propria presenza all’Ambasciata d’Italia a Bamako, utilizzando il sito DoveSiamonelMondo.it o l’App Viaggiare Sicuri, per poter essere rintracciati in caso di necessità.
L’origine della crisi: il braccio di ferro con il gruppo Jnim
L’attuale e profonda crisi è l’effetto diretto di un assedio economico imposto da oltre un mese da un potente gruppo jihadista, il Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), noto per i suoi legami con Al Qaeda. Questo gruppo ha di fatto ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro con la giunta militare che ha preso il potere in Mali nel 2021. La controversia è scoppiata all’inizio di settembre, quando il Jnim ha annunciato il divieto assoluto di importazione di carburante dai Paesi limitrofi, in particolare Senegal e Costa d’Avorio. Questa decisione è stata una rappresaglia contro il governo che, nel tentativo di stanare i jihadisti dai loro nascondigli, aveva tagliato i rifornimenti nelle aree più remote. Il blocco viene applicato attraverso una serie di attacchi e intimidazioni lungo le autostrade, una tattica che ha costretto centinaia di autocisterne a rimanere ferme ai confini. L’azione sta strangolando la già fragile economia del Mali, che dipende quasi interamente dalle importazioni di Paesi confinanti per soddisfare il suo fabbisogno energetico.

Impatto sulla vita civile e sulle infrastrutture
Le conseguenze della carenza di carburante si riflettono in modo drammatico su ogni aspetto della vita quotidiana. A causa della mancanza di carburante e della conseguente interruzione dell’elettricità, il Ministro dell’Istruzione, Amadou Sy Savane, ha annunciato la sospensione di tutte le attività didattiche in scuole e università su tutto il territorio nazionale fino al 10 novembre. Il governo ha assicurato di star compiendo ogni sforzo per chiudere la crisi entro quella data. Le ripercussioni sono particolarmente acute nella capitale, Bamako, dove si osservano lunghe e crescenti code ai pochi distributori ancora operativi. Questo deficit energetico sta altresì provocando un forte aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, aggravando ulteriormente le condizioni di vita in Mali. Il Paese è tristemente noto per essere il sesto meno sviluppato del mondo, con metà dei suoi 25 milioni di abitanti che sopravvivono sotto la soglia di povertà.
La reazione delle forze armate
Anche l’operatività delle Forze Armate maliane risulta compromessa dalla difficoltà di approvvigionamento. Nonostante le avversità, l’esercito è impegnato in una duplice strategia. Da un lato, sta cercando di garantire i rifornimenti vitali, scortando con difficoltà le autocisterne fino alla capitale; dall’altro lato, sta intensificando i raid aerei sulle postazioni del Jnim, nel tentativo di smantellare il blocco e ripristinare la normalità nel flusso energetico. La lotta contro l’assedio terroristico è, a tutti gli effetti, una corsa contro il tempo per evitare un collasso ancora più esteso.


