
C’è un’Italia che dimentica in fretta, anche quando i fatti restano scritti nelle sentenze. È il Paese che si stupisce di una frase, la commenta, la deforma e la trasforma in caso politico. Così, un post di Guido Crosetto è bastato a riaccendere il dibattito sul ruolo di Mosca e sulle sue infiltrazioni nella società italiana, facendo sembrare una notizia nuova ciò che in realtà è già accaduto, documentato e giudicato. Perché, come ha ricordato lo stesso ministro, “persone italiane insospettabili sono state corrotte dalla Russia”.
Parole che molti hanno letto come un allarme, qualcuno come un’accusa generica, altri ancora come un’ammissione di segreti di Stato. Ma Crosetto ha spiegato che si trattava solo di un passaggio all’interno di un ragionamento più ampio sulla guerra ibrida in corso, un conflitto che non si combatte solo con i missili ma con la manipolazione, l’informazione e la corruzione morale. E per chiarire il senso del suo post, il ministro della Difesa ha ricordato un nome che tutti conoscono: Walter Biot.

Il caso Biot e la memoria corta del Paese
Era il 2021 quando Biot, ufficiale della Marina italiana, fu arrestato per aver venduto informazioni riservate a un agente russo. Tre anni dopo, nel novembre 2024, la Cassazione ha confermato la condanna a 29 anni di reclusione per spionaggio, riconoscendo che il militare aveva consegnato a un diplomatico di Mosca una Micro SD con centinaia di immagini di documenti classificati. Un episodio gravissimo, che ha segnato uno dei momenti più tesi nei rapporti tra Roma e Mosca e che Crosetto oggi cita come prova concreta di quanto la penetrazione russa in Italia sia una realtà, non un sospetto.
Il post del ministro, rilanciato sui social con il tono asciutto di chi si sorprende dell’altrui sorpresa, recitava: “Oggi qualcuno si è stupito per un’agenzia nella quale veniva riportata una mia frase. Questa la frase: persone italiane insospettabili sono state corrotte dalla Russia. Una frase che serviva a sviluppare un ragionamento sulla guerra ibrida in corso e che non mi sembrava né rilevante né una notizia. Dimenticavo la scarsa memoria collettiva e giornalistica”.

Dalla guerra ibrida alla guerra cognitiva
Crosetto non ha aggiunto altri nomi, ma ha ribadito che l’Italia resta “uno dei Paesi più sensibili alle operazioni di influenza russa”. Nel linguaggio della Difesa si parla di guerra cognitiva, quella che agisce sulla percezione pubblica, sulle convinzioni e sulle emozioni, corrompendo non solo i conti ma le menti. Un messaggio diretto a giornalisti, opinionisti e persino a settori istituzionali dove — secondo il ministro — Mosca tenta di creare fratture interne e confusione strategica.
La reazione politica non si è fatta attendere. Esponenti di governo e opposizione hanno invitato Crosetto a “fare nomi e cognomi” se esistono altri casi, ma il ministro ha scelto di limitarsi al richiamo: il nome, in fondo, c’è già ed è quello di Biot, condannato in via definitiva. E forse bastava quello per capire che il problema non è inventato. È reale, italiano e già scritto nelle sentenze.


