
La tensione nell’area dei Caraibi si mantiene estremamente alta, ben oltre il timore suscitato dal passaggio del violento uragano Melissa. Le mosse strategiche degli Stati Uniti, in particolare il dispiegamento di forze navali ordinato dal Presidente Donald Trump di fronte alle coste del Venezuela, hanno raggiunto livelli storici. Con l’imminente arrivo della mega-portaerei USS Gerald Ford, l’accumulo di mezzi è già stato classificato come il più imponente nella storia delle Forze armate Usa dai tempi della prima Guerra del Golfo (1990-1991), secondo un’analisi approfondita condotta dagli esperti del Centro per gli studi strategici e internazionali (CSIS).
Un’escalation militare in vista
L’attuale situazione prospetta un’escalation militare con risvolti difficili da prevedere. L’opinione degli analisti è ormai concorde sul fatto che qualcosa accadrà presto in quell’area geografica. Il colonnello della Marina in pensione Mark Cancian, autore dell’analisi del CSIS, ha espresso un giudizio molto netto: «Non si impiega una delle proprie risorse navali più importanti soltanto per farla ‘fare un giro’ e stare lì a guardare. O la si usa o la si riassegna immediatamente. Molto probabilmente ci sarà un attacco missilistico contro il Venezuela». La potenza di fuoco a disposizione delle forze Usa sarà notevole: si parla di più di 700 missili, inclusi circa 180 missili Tomahawk, specificamente concepiti per attacchi contro obiettivi terrestri.
La potenza della uss gerald ford e il dispiegamento totale
L’arrivo della portaerei USS Gerald Ford, soprannominata la nave “più letale” della Marina statunitense, è atteso per la prossima settimana. Il suo gruppo d’attacco si era precedentemente radunato al largo delle coste italiane, nel Mar Adriatico, prima di intraprendere la navigazione verso le Americhe. L’arrivo della Ford, scortata da ben tre cacciatorpediniere e comprendente anche navi di rifornimento essenziali per lunghe campagne operative, consoliderà uno schieramento già massiccio. In totale, gli Stati Uniti disporranno di tredici forze navali: otto navi da guerra (di cui sei sono cacciatorpediniere), tre navi d’assalto anfibie e un sottomarino. Questo livello di concentrazione non ha precedenti, superando i numeri registrati durante l’invasione di Panama del 1989 o l’invasione di Grenada del 1983. Cancian ha sottolineato che si tratta del più grande dispiegamento navale in America Latina degli ultimi 25 anni, se non addirittura degli ultimi quarant’anni.
Operazioni e uragano Melissa
Nonostante la furia dell’uragano Melissa, classificato come categoria 5 e che ha colpito duramente la Giamaica e, con minore intensità, Cuba, i piani del Pentagono non sembrano subire modifiche sostanziali. Sebbene alcune navi da guerra impegnate nella missione antidroga nei Caraibi siano state riposizionate per evitare l’impatto diretto del ciclone, l’operazione prosegue. Ulteriori segnali di preparazione all’azione provengono dall’Aeronautica militare statunitense, che avrebbe inviato un ulteriore stormo di bombardieri B-1B verso la regione caraibica. L’imponente schieramento include anche elicotteri SH-60R che, in combinazione con i jet da combattimento, i caccia e gli aerei di supporto alle portaerei, conferiscono alla forza navale la capacità di condurre una campagna militare su larga scala, ben più ampia e intensa di una semplice operazione di contrasto al traffico di droga.
Più attacchi missilistici che invasione terrestre
L’analisi del colonnello Cancian propende per la probabilità di attacchi aerei e missilistici, piuttosto che per un’invasione di terra. Egli ha affermato che «questa forza non è progettata per un’invasione». Questa valutazione è supportata anche da altri analisti, che, citati dal quotidiano El Nuevo Herald, ritengono che gli Stati Uniti non abbiano forze sufficienti per un’invasione terrestre che implichi lo sbarco di truppe su suolo straniero, una prospettiva alla quale il Presidente Trump si è sempre mostrato contrario. Inoltre, Stephen Biddle, professore alla School of Public and International Affairs della Columbia University, ha osservato all’agenzia Efe che, in caso di invasione, sarebbe logico aspettarsi un preventivo invio di caccia nella zona. Ciononostante, si sta assistendo alla creazione di grandi accampamenti militari a Porto Rico, il che potrebbe suggerire una preparazione per un massiccio spostamento di truppe nella regione in un secondo momento.
Precedenti e risvolti geopolitici
Il direttore del Centro per la sicurezza internazionale dell’Università di Notre Dame, Michael Desch, ha tracciato un parallelo tra la situazione attuale e la campagna condotta da Trump tra marzo e maggio di quest’anno contro obiettivi Houthi nello Yemen. Quell’operazione, che vide il coinvolgimento della portaerei USS Harry Truman, portò all’attacco di oltre 800 obiettivi e, secondo il Comando centrale degli Stati Uniti, all’uccisione di «centinaia di combattenti Houthi», nonostante Washington abbia successivamente riconosciuto di non essere riuscita a fermare completamente gli insorti. La partenza della USS Ford dal Mediterraneo pone gli Stati Uniti in una posizione insolita: per la prima volta si trovano senza una portaerei nelle acque strategiche al largo dell’Europa e del Medio Oriente, un chiaro indice della priorità data allo schieramento nei Caraibi.
Le reazioni del Venezuela e l’incidente Trinidad e Tobago
Nel frattempo, il Venezuela ha reagito duramente alle manovre internazionali. Il Parlamento venezuelano ha dichiarato persona non grata la premier di Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar, per aver consentito a una nave da guerra statunitense di attraccare nel suo Paese. Il presidente dell’Assemblea Nazionale, Jorge Rodríguez, ha accusato la premier di permettere che Trinidad e Tobago venga «utilizzata come portaerei contro il Venezuela», promettendo azioni per garantire il rispetto del Paese. Inoltre, il giorno precedente, il presidente Nicolas Maduro aveva già annunciato la sospensione dei contratti per il gas con l’arcipelago, che si trova a pochi chilometri di distanza dalla costa venezuelana. Queste azioni sottolineano la gravità percepita dalla leadership venezuelana riguardo al crescente schieramento militare a stelle e strisce.


