
Le recenti elezioni politiche nei Paesi Bassi si sono concluse con un risultato di grande impatto, segnando la vittoria, seppur di misura, del partito dei liberali progressisti D66 (Democraten 66), guidato dal carismatico Rob Jetten. Al termine di uno spoglio che si è rivelato emozionante e al fotofinish, il D66 è emerso come la formazione politica con il maggior numero di voti, riuscendo a superare l’ultradestra del PVV (Partito per la Libertà) di Geert Wilders.
Nonostante la rilevanza del successo, il panorama politico olandese post-elettorale si presenta con la sua abituale complessità, caratterizzata da una forte frammentazione che rende la formazione di una nuova coalizione di governo una sfida intricata e potenzialmente lunga.
Lo scrutinio serrato e il vantaggio decisivo
Il processo di scrutinio dei voti ha tenuto l’intera nazione e l’Europa con il fiato sospeso fino alle fasi conclusive. Inizialmente, gli exit poll e le prime proiezioni avevano indicato una situazione di testa a testa estremamente ravvicinata tra i due principali contendenti, il D66 e il PVV.
Man mano che lo spoglio procedeva, il divario tra le due forze politiche si è assottigliato, portando a una situazione di quasi pareggio in termini di seggi assegnati alla Camera Bassa (Tweede Kamer). Diverse proiezioni, infatti, accreditano entrambi i partiti di circa 26 seggi su un totale di 150, evidenziando una parità virtuale che raramente si verifica con tale intensità.
Tuttavia, il vantaggio decisivo per il D66 è emerso nel conteggio totale dei voti. Nonostante la parità nei seggi, il partito di Rob Jetten è risultato alla fine il più votato, con un margine stimato in diverse migliaia di preferenze rispetto al PVV di Wilders. Questa differenza nel voto popolare è cruciale perché, in un contesto di parità di seggi, il partito che ha raccolto il maggior consenso popolare può rivendicare moralmente la vittoria elettorale e, soprattutto, l’iniziativa per la formazione del nuovo esecutivo.
Il conteggio finale, che include anche i voti per corrispondenza e quelli espressi dall’estero o da alcune grandi città, ha confermato che il leader ultranazionalista Geert Wilders non è più in grado di superare la cifra complessiva di voti ottenuta dal D66, consolidando la posizione di quest’ultimo come primo partito del Paese per numero di suffragi.
Rob Jetten e la svolta centrista europeista
La vittoria, ancorché risicata, del D66 è un segnale forte e chiaro della direzione che una parte significativa dell’elettorato olandese desidera intraprendere. I Democratici 66 sono un partito di orientamento liberal-progressista e fortemente europeista, posizionandosi al centro dello spettro politico. Il loro leader, Rob Jetten, un politico relativamente giovane e con un solido background, è emerso come l’astro nascente della politica olandese, capace di intercettare un’ampia gamma di elettori, compresi, sorprendentemente, ex sostenitori di destra e sinistra.
Jetten e il suo partito hanno condotto una campagna elettorale focalizzata su temi quali la sostenibilità ambientale, la politica climatica, l’integrazione europea e il sostegno a una società aperta e inclusiva. Il suo successo rappresenta una chiara frenata all’avanzata dell’ultradestra e un’affermazione delle forze di centro e progressiste in un momento storico in cui il populismo e il nazionalismo sono in crescita in molte nazioni europee. La leadership di Jetten, caratterizzata da un approccio pragmatico e sorridente, lo ha reso un potenziale erede della tradizione centrista e liberale olandese, aprendo le porte alla possibilità che diventi il più giovane Primo Ministro nella storia dei Paesi Bassi.
La formazione del governo: un percorso in salita
Nonostante la vittoria, la fase successiva alle elezioni si preannuncia come la più complessa: la costruzione della coalizione di governo. Il sistema elettorale proporzionale olandese favorisce la frammentazione e rende quasi sempre necessario un accordo tra almeno tre o quattro partiti per raggiungere la maggioranza di 76 seggi nella Camera Bassa.
La situazione è resa particolarmente intricata da diversi fattori:
- Il rifiuto di Wilders: I principali partiti dell’arco costituzionale hanno già escluso categoricamente la possibilità di formare un governo con il PVV di Geert Wilders. Questa esclusione, dovuta alle posizioni anti-immigrazione e anti-UE del partito di ultradestra, riduce notevolmente il numero di combinazioni possibili per una maggioranza.
- La necessità di alleanze: Jetten dovrà ora tessere una fitta tela di negoziati per coinvolgere i partiti di centro-destra (come il VVD) e possibilmente le forze di sinistra (come i Laburisti e i Verdi) in un patto di governo. La potenziale coalizione sarà inevitabilmente europeista, ma la sua composizione finale e il suo orientamento preciso (più a destra o più a sinistra) sono ancora oggetto di intense discussioni.
La battaglia elettorale è vinta, ma la vera sfida per Rob Jetten e il D66 inizia adesso: garantire al Paese un esecutivo stabile e duraturo in grado di affrontare le complesse questioni interne e il ruolo dei Paesi Bassi in Europa.


