
ROMA – Il Senato approva la riforma costituzionale Nordio sulla separazione delle carriere con 112 sì, 59 no e 9 astensioni. La votazione finale, annunciata con entusiasmo dal presidente Ignazio La Russa, ha visto il centrodestra più Azione di Calenda a favore, mentre Pd, M5S e Avs hanno votato contro. L’Aula è stata teatro di abbracci della maggioranza e di proteste dell’opposizione, con il Pd che ha sventolato cartelli bianco-rossi con scritto «No ai pieni poteri».
Il voto segna la conclusione della prima fase della riforma, tanto auspicata in passato da Silvio Berlusconi. La figlia Marina Berlusconi ha rivendicato il merito storico dell’iniziativa: «Ci sono vittorie che arrivano forse troppo tardi, ma sempre grandi e decisive. Questa è la vittoria di mio padre», ha dichiarato, mentre Forza Italia festeggiava in piazza con un flash mob sotto la gigantografia dell’ex premier.
La premier Giorgia Meloni definisce il voto un «traguardo storico» e un impegno mantenuto per una giustizia più efficiente. Rassicura che il referendum sulla riforma «deve essere sulla giustizia e non influenzerà il governo». Al Tg1 replica alle critiche dell’Anm, sottolineando che l’associazione non ha mai appoggiato riforme della giustizia e che i cittadini hanno bisogno di un sistema più giusto.
L’Associazione Nazionale Magistrati controreplica duramente: «Questa riforma non aumenta l’efficienza della giustizia. Il governo ha ignorato le nostre proposte e ha puntato solo a rivedere gli equilibri costituzionali, controllando la magistratura». L’Anm accusa l’esecutivo di voler rendere i magistrati «dipendenti dal potere politico».

Il dibattito politico continua e rischia di politicizzare il referendum confermativo. Il ministro della Giustizia ha ribadito a Porta a Porta la necessità di distinguere tra il voto e l’iniziativa politica: «Noi siamo convinti di vincere il referendum, ma temo che venga strumentalizzato come “Meloni sì o Meloni no”».
La riforma prevede l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati requirenti e uno per quelli giudicanti, considerata la vera innovazione dell’intervento legislativo. Secondo il ministro, questo garantirebbe maggiore efficienza e indipendenza del sistema giudiziario.
La fase due, quella del referendum confermativo, dovrebbe svolgersi tra fine marzo e inizio aprile. Il governo punta a chiudere rapidamente il percorso, dopo i quattro passaggi legislativi completati in soli 287 giorni, senza modifiche sostanziali della maggioranza, secondo quanto denuncia l’opposizione.
Il dibattito si intreccia con la riforma dell’Autonomia differenziata, voluta dalla Lega e recentemente bloccata dalla Corte costituzionale. La riforma Calderoli torna alla ribalta con articoli sui LEP – livelli essenziali delle prestazioni, inseriti nella Legge di Bilancio, considerati dalle opposizioni un modo per aggirare il Parlamento e la Consulta.
Il voto al Senato sulla riforma Nordio segna quindi un passaggio storico per il governo Meloni, ma apre una fase politica delicata. Tra il referendum confermativo, le tensioni con l’opposizione e le riforme parallele, il quadro della giustizia italiana e degli equilibri istituzionali resta al centro del dibattito nazionale.


