
L’Italia del tennis femminile continua a sognare in grande. Sara Errani e Jasmine Paolini, coppia numero uno del mondo, hanno inaugurato il loro cammino alle WTA Finals di Riyad con una vittoria netta e convincente: doppio 6-3 inflitto al duo formato dalla statunitense Asia Muhammad e dall’olandese Demi Schuurs. Un successo limpido, costruito con ritmo, intelligenza tattica e quella complicità tutta italiana che ormai è diventata la loro arma segreta.
Un dominio costruito con testa e cuore
Fin dal primo game le due azzurre hanno dato l’impressione di avere il controllo del match. Paolini, nonostante un leggero malessere influenzale, ha servito con precisione chirurgica, trovando anche un ace di seconda che ha scaldato il pubblico. Errani, dal canto suo, ha illuminato il campo con colpi di fino e un pallonetto spettacolare nel 5-2 del primo set, che ha fatto esplodere l’arena.
Dopo aver chiuso il primo parziale 6-3, le italiane hanno mantenuto alta la tensione, reagendo ai tentativi di rimonta di Muhammad e Schuurs. Quando le avversarie hanno provato a riaprire la partita, sul 3-3 del secondo set, la risposta è stata immediata: un nuovo break, un servizio solido e un deciding point gestito con sangue freddo. Lì è calato il sipario.

Il segno delle campionesse
Errani e Paolini hanno dimostrato una volta di più di saper interpretare il doppio con una naturalezza fuori dal comune: intesa perfetta, tempi di gioco sincronizzati e una mentalità vincente che riesce sempre a fare la differenza. In ogni scambio si è vista la mano di due giocatrici che si conoscono bene, e ottengono il massimo coprendosi a vicenda e trovando sempre soluzioni vincenti.
Il doppio 6-3 è il miglior modo per iniziare un torneo che vale il titolo più prestigioso insieme agli Slam: le azzurre lottano anche per confermare la leadership mondiale nella specialità in un anno da incorniciare per il tennis italiano. E a Riyad, tra i flash e gli applausi, Errani e Paolini hanno confermato di essere fra le favorite per la vittoria finale in queste Finals.


