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“Indegno! Fallimento clamoroso!”. Garlasco, lo sfogo di Feltri: con chi ce l’ha

Pubblicato: 01/11/2025 15:46
Garlasco sfogo Feltri indegno

A distanza di quasi vent’anni, il delitto di Garlasco continua a dividere l’opinione pubblica e a scuotere la fiducia nella giustizia italiana. La morte di Chiara Poggi, avvenuta nell’agosto del 2007, resta una ferita aperta, un caso in cui ogni certezza sembra destinata a dissolversi nel tempo. Dopo anni di processi e sentenze, e la condanna definitiva di Alberto Stasi, oggi un nuovo nome entra nel fascicolo giudiziario: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio in concorso. Un nuovo capitolo che riporta la vicenda al centro dell’attenzione, riaccendendo dubbi, sospetti e polemiche.
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Tra le voci che tornano a farsi sentire con forza c’è quella di Vittorio Feltri, che non ha mai nascosto la propria convinzione: Stasi è innocente. Il direttore, dalle pagine del Giornale, ribadisce la sua posizione con parole dure, in una riflessione pubblicata nella sua rubrica La Stanza. «Alberto non è solo il grande innocente dimenticato di questa storia. È anche un’altra vittima di questa malagiustizia», scrive Feltri, denunciando quella che definisce una pagina nera della magistratura italiana.

Feltri: “Un labirinto giudiziario indegno di un Paese civile”

Per Feltri, la lunga parabola giudiziaria del caso Garlasco rappresenta un fallimento profondo del sistema giudiziario. «Un innocente è in galera, mentre si cerca il vero assassino fuori», accusa il giornalista, che punta il dito contro le prime indagini condotte nel 2007. Secondo lui, «il processo è diventato un labirinto giudiziario indegno di un Paese civile» e «la responsabilità non è del destino, ma di indagini condotte male fin dall’inizio».

Il direttore parla di pregiudizio come elemento originario dell’errore giudiziario: un pregiudizio nei confronti di un giovane “freddo, educato, distante”, che avrebbe portato gli inquirenti a costruire un colpevole più che a cercarlo. «È stato condannato senza un movente, senza l’arma del delitto, senza una prova certa», scrive Feltri. «Gli è stata strappata la giovinezza solo in nome di uno stereotipo: è sempre il fidanzato, è sempre l’uomo. Non può essere così semplicistico».

Un passaggio, questo, che richiama anche la figura di Enzo Tortora, vittima di un clamoroso errore giudiziario, a cui Feltri implicitamente si ispira per denunciare l’uso distorto del potere giudiziario. «Le tracce nella casa di Chiara non riconducono ad Alberto», ricorda il direttore, rimarcando come molti elementi probatori siano stati, a suo dire, interpretati forzatamente per confermare un teorema già scritto.

Nuove indagini, vecchie ombre

Il riaccendersi dell’inchiesta su Andrea Sempio e sul padre, sospettato di aver corrotto l’ex procuratore Mario Venditti, aggiunge complessità a una storia che sembrava conclusa. Ma Feltri guarda con scetticismo al nuovo filone investigativo. «Perché avrebbe dovuto farlo, se era certo che il figlio fosse innocente?», si domanda. «Un padre convinto che il figlio è innocente non corrompe nessuno, non chiede prestiti a parenti e amici, non fa girare denari che non si sa dove e a chi siano andati. Attende fiducioso che la verità venga a galla».

Le sue parole mettono in discussione la coerenza logica dell’accusa e riflettono una convinzione profonda: il vero errore non sta nelle nuove piste, ma nel fatto che la giustizia abbia scelto un colpevole troppo presto. «La macchina giudiziaria ha fallito clamorosamente», ribadisce Feltri, «e oggi tenta di ripulire i propri errori arrampicandosi sui vetri».

“Alberto Stasi, il grande dimenticato”

Ciò che più indigna Feltri è il silenzio calato sul nome di Alberto Stasi, che da anni sconta la pena definitiva senza che il suo caso venga più citato nei programmi televisivi o nel dibattito pubblico. «È il grande dimenticato», scrive il direttore, «espulso da ogni confronto, come se non esistesse più».

Nella sua analisi, la nuova attenzione mediatica per gli sviluppi giudiziari non ha restituito equilibrio alla narrazione: «Nella giostra grottesca e dolorosa delle indagini, Stasi non viene mai nominato, mai una parola di comprensione». Una denuncia che si intreccia con la riflessione amara su un sistema che, secondo Feltri, «ha prodotto ingiustizia su ingiustizia, morte su morte».

“A Garlasco la giustizia ha fallito”

Il commento di Feltri si chiude con una constatazione che suona come una sentenza morale: «A Garlasco la giustizia italiana ha fallito. Ancora una volta». Il giornalista non usa mezzi termini nel descrivere il caso come una sconfitta dello Stato di diritto, un esempio di come le storture investigative e mediatiche possano condannare non solo una persona, ma l’intero sistema.

«Ha annientato un innocente», scrive, «e ora si arrampica sui vetri per tentare di ripulire l’errore. Ma a che prezzo?». Una domanda che resta sospesa e che riassume l’essenza di una vicenda giudiziaria mai davvero conclusa.

Il caso Garlasco continua così a essere non solo un enigma criminale, ma anche un banco di prova per la credibilità della giustizia italiana. E mentre i nuovi sviluppi riportano alla luce verità ancora da verificare, le parole di Vittorio Feltri ricordano che ogni errore giudiziario non è solo una macchia sul sistema, ma una ferita che il tempo, da solo, non riesce a rimarginare.

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