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Vagnoli, Fonte e Sabene: il caso delle chat private che scuote il femminismo social

Pubblicato: 01/11/2025 08:24

Una vicenda che intreccia attivismo, social network, rapporti personali e accuse giudiziarie ha infiammato il dibattito pubblico. Al centro ci sono Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene, note influencer e attiviste nel campo del femminismo e dei diritti, già indagate per stalking in due differenti procedimenti. A riaccendere l’attenzione sul caso è un articolo di Selvaggia Lucarelli pubblicato sul Fatto Quotidiano, in cui compaiono estratti di una chat privata denominata “Fascistelle”, contenente frasi offensive e violente indirizzate a figure pubbliche e non solo.

Secondo quanto riportato, in quel gruppo comparivano commenti sprezzanti su Liliana Segre, Sergio Mattarella, giornalisti, scrittrici e persone legate agli ambienti culturali e attivisti. Nelle chat si parlava di “radicalizzare”, “attaccare”, di usare la cancel culture come arma politica. Lucarelli ha pubblicato i messaggi sostenendo che siano contenuti all’interno degli atti d’indagine.

Immediata la replica di Carlotta Vagnoli, che sui suoi profili ha accusato Lucarelli di aver diffuso materiale “irrilevante ai fini del processo” e “non destinato a diventare pubblico”. La influencer ha definito la pubblicazione “un atto che mette a rischio la sicurezza delle indagate” e ha sottolineato che “il reato di antipatia non esiste”. Vagnoli ha parlato di violazione della privacy, sostenendo che “chi diffonde atti investigativi non ancora agli atti utilizza metodi illeciti”.

La vicenda giudiziaria ha origine dalle denunce di A.S., ex compagno di Sabene, che sostiene di essere stato vittima di una campagna diffamatoria e persecutoria, e da quella di Serena Mazzini, social media strategist, che sarebbe stata accusata senza prove di partecipare a gruppi dedicati a revenge porn e bodyshaming.

L’articolo pubblicato ha provocato diverse reazioni. Tra queste, quella di Cecilia Sala, oggetto di alcuni commenti nella chat: “Ci siamo fatti spiegare i diritti umani da chi gioisce per i rapimenti. Ci siamo fatti spiegare il femminismo da chi umilia donne e minoranze”, ha scritto la giornalista.

Il caso è destinato a restare aperto sia sul piano giudiziario che su quello pubblico: tra rivendicazioni di libertà di espressione, accuse di strumentalizzazione e un dibattito sempre più acceso su cosa significhi davvero fare attivismo nell’era dei social.

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