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Addio al grande giornalista, ha raccontato pagine incredibili di storia: il triste annuncio

Pubblicato: 03/11/2025 13:56

Una figura le cui parole hanno plasmato la nostra comprensione di eventi storici cruciali e la cui vita è stata essa stessa una cronaca, si è spenta. Il dolore per la sua perdita non è solo quello privato dei suoi cari, ma si estende al mondo del giornalismo e della storia, dove la sua acutezza analitica e la sua passione per l’America Latina lasciano un vuoto incolmabile.

È andato via un testimone fondamentale del Novecento, un uomo che non ha esitato a stare in prima linea per raccontare le rivoluzioni e le figure più controverse del suo tempo. La sua vicenda personale, segnata da un’ombra di accusa degna di un romanzo di spionaggio, non ha mai oscurato la sua grande eredità intellettuale.

Morto Richard Gott

È morto all’età di 87 anni Richard Gott, stimato giornalista, saggista e storico britannico, figura di spicco del quotidiano “The Guardian” e profondo conoscitore del mondo latino americano. La sua vita, ricca di eventi e controversie, ricorda per molti aspetti le trame delle più avvincenti spy story, culminando in un’accusa che lo costrinse ad abbandonare la sua storica testata. Gott è venuto a mancare il 2 novembre, lasciando dietro di sé una ricca produzione intellettuale, tra cui spicca il volume Cuba: A New History del 2004, e un’eredità giornalistica legata a un evento storico di portata mondiale: l’identificazione del corpo di Che Guevara.

L’episodio per cui Richard Gott verrà maggiormente ricordato è senza dubbio quello avvenuto in Bolivia nel 1967. Gott fu l’unico giornalista ad avere identificato il cadavere di Che Guevara dopo la sua esecuzione, avvenuta il 9 ottobre per mano dell’esercito boliviano, supportato dalla CIA e da truppe irregolari statunitensi.

Gott aveva già conosciuto il leader rivoluzionario. Il loro incontro risaliva al novembre 1963, a Cuba, quando Gott lavorava come freelance per il Guardian. Ebbe l’opportunità di porre alcune domande al Che in occasione di un incontro all’ambasciata dell’Unione Sovietica all’Avana. Anni dopo, Gott scrisse: “Guevara rimane una figura di tale luminosità, quasi religiosa, che non c’è alcuna possibilità che il suo esempio venga dimenticato”.

Richard Gott descrisse con drammatica precisione il giorno in cui identificò il corpo del Che. Egli raccontò: “Alle cinque del pomeriggio di lunedì 9 ottobre 1967, a las cinco de la tarde, il corpo di Guevara, su una barella legata a un elicottero, arrivò nella cittadina boliviana di Vallegrande”. Guevara era stato fucilato circa quattro ore prima, per ordine dell’Alto comando dell’Esercito boliviano.

Gott proseguì nel suo resoconto: “Per circa mezz’ora fissammo gli occhi aperti del cadavere, che due medici cercavano di preservare con il liquido per l’imbalsamazione”. L’evento attirò una folla nel cortile della lavanderia per vedere il guerrigliero morto. Gott e il fotografo Brian Moser scattarono diverse fotografie prima di affrontare il viaggio di ritorno per comunicare la notizia al mondo. Il giorno dopo, il governo boliviano inviò altri giornalisti: fu allora che vennero scattate le fotografie famosissime che John Berger paragonò al Cristo morto del Mantegna e alla Lezione di anatomia di Rembrandt. Le successive autopsie, eseguite dai medici locali, avrebbero dimostrato che Guevara era stato fucilato molto tempo dopo la sua cattura.

L’accusa di essere una spia del KGB

Verso la fine della sua carriera, la vita di Gott prese una svolta da spy story. Nel 1994, si dimise dal Guardian in seguito alle accuse mosse dalla rivista Spectator, che lo definì una spia al soldo dei servizi segreti sovietici (KGB), basandosi sulle informazioni fornite dal disertore Oleg Gordievsky. Gott negò fermamente l’accusa, liquidando l’episodio come “un bizzarro ritorno al maccartismo degli anni Cinquanta”.

Nonostante il diniego sull’essere una spia, nella sua lettera di dimissioni Gott ammise di aver accettato “viaggi pagati dai sovietici” in diverse città, riconoscendo di aver ricevuto “oro rosso, anche se solo sotto forma di rimborso spese”. Successivamente aggiunse che i suoi rapporti con il KGB erano iniziati nel lontano 1964. Il suo amico e collega John Gittings, ex sinologo del Guardian, mise in prospettiva la situazione, notando che durante la Guerra Fredda era comune per molti giornalisti essere contattati da agenti dei servizi segreti sovietici, britannici e americani.

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