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“Ecco perché è stato deciso il lockdown!”. Covid, la rivelazione che cambia tutto

Pubblicato: 03/11/2025 13:44
Covid perché lockdown rivelazione

Una ricostruzione che getta ombre pesanti sui giorni più drammatici della pandemia da Covid-19 e sulla gestione dell’emergenza da parte del governo Conte II. Tra ritardi, riunioni segrete e fughe di notizie, emerge un quadro di disordine e improvvisazione nelle ore decisive che portarono alla chiusura totale dell’Italia, una scelta definita da molti “politica” più che sanitaria. Secondo una fonte anonima, ex membro del Comitato tecnico scientifico (CTS), il lockdown nazionale nacque nel caos, dopo che la decisione di chiudere la sola Lombardia provocò una fuga di massa verso il Sud ancora privo di contagi.
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L’episodio, raccontato a Il Giornale, riaccende la polemica sulla mancata pianificazione e sull’assenza di trasparenza nelle riunioni in cui si presero decisioni cruciali. Mentre il virus correva veloce nel Nord Italia, il governo e parte della comunità scientifica si muovevano in un clima di confusione, segnato da scelte contraddittorie, piani sanitari ignorati e catene di comando incerte.

Il lockdown deciso nel caos e senza verbali ufficiali

Le nuove rivelazioni trovano eco nelle parole del professor Luca Richeldi, ex membro del CTS e oggi direttore del Centro malattie dell’apparato respiratorio del Policlinico Gemelli. In audizione davanti alla Commissione Covid, Richeldi ha ammesso che la decisione di chiudere l’intero Paese sarebbe stata presa durante un incontro segreto con l’allora premier Giuseppe Conte e un ristretto gruppo di esperti. Di quella riunione, datata 7 o 8 marzo 2020, non esiste alcun verbale ufficiale.

«Per quello che ricordo — ha dichiarato Richeldi — l’incontro non si tenne nella sala operativa della Protezione Civile, ma in una stanza superiore. È possibile che non sia stato considerato come una riunione formale del CTS». Parole che aprono un caso istituzionale, poiché le decisioni più delicate dell’emergenza sanitaria sarebbero state prese fuori dai canali ufficiali, senza traccia documentale.

Contattati successivamente, l’ex coordinatore dell’ISS Agostino Miozzo e l’ex dirigente Giovanni Rezza si sono detti all’oscuro di quell’incontro, pur confermando che, nei giorni precedenti, avevano presentato a Conte i dati che suggerivano la chiusura della Val Seriana, epicentro lombardo dell’epidemia. Quella richiesta — supportata dalle proiezioni del matematico Stefano Merler — fu ignorata.

La mancata chiusura della Val Seriana e la catena di comando

Secondo l’ex membro del CTS intervistato, la catena di comando era ormai concentrata nelle mani di Conte e della Protezione Civile, esautorando di fatto gli organi tecnico-scientifici. «I segnali erano chiari, ma nessuno ebbe il coraggio di fermare tutto per tempo. Si pensava ancora che fosse un’influenza», afferma la fonte, citando le parole di diversi esperti che nei primi mesi minimizzarono la gravità del virus.

Una sottovalutazione costata migliaia di vite, soprattutto nelle province di Bergamo, Cremona, Brescia, Piacenza e Lodi, dove — secondo stime retrospettive — un terzo della popolazione era già stata contagiata entro la fine di marzo 2020. L’ex consulente ammette di aver ricalcolato i dati sulla base dei decessi, confermando che il virus circolava in modo esteso già dal 2019, senza che le autorità sanitarie se ne accorgessero.

I piani ignorati e la mancata preparazione

Le accuse più gravi riguardano la mancata attuazione dei piani pandemici, già previsti dal 2006 e aggiornati solo parzialmente nel decennio successivo. «Da gennaio non si era fatto nulla di concreto — rivela la fonte — se non convocare riunioni. Nessun approvvigionamento di dispositivi, nessuna revisione dei posti letto, nessun rinforzo delle linee guida ospedaliere».

Un immobilismo aggravato dalla scarsa collaborazione internazionale: «Si è fatto poco per capire dai cinesi cosa stessero facendo davvero, nonostante fosse evidente la costruzione di un ospedale interamente dedicato a Wuhan», aggiunge l’ex membro del CTS. L’Italia, primo Paese colpito in Europa, si ritrovò così a fronteggiare un’emergenza senza strumenti, senza piani e con decisioni improvvisate.

Il fallimento del “modello Italia”

Le parole dell’ex consulente e le contraddizioni emerse durante le audizioni parlamentari mettono in discussione la narrazione del cosiddetto “modello Italia”, più volte rivendicato da Conte e dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza. Quello che era stato presentato come un esempio di prontezza e disciplina si rivela oggi un mosaico di errori, ritardi e omissioni.

Le riunioni segrete, le decisioni non verbalizzate e la confusione istituzionale che precedettero il lockdown emergono come i veri nodi di una gestione che ha sacrificato la chiarezza in nome della rapidità. Il risultato, a distanza di anni, è un Paese che continua a interrogarsi su quanto avrebbe potuto essere evitato con una gestione più trasparente e rispettosa delle regole scientifiche e democratiche.

La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla pandemia dovrà ora chiarire fino in fondo chi decise cosa, e soprattutto perché. Perché, come dimostrano queste testimonianze, dietro la più grande chiusura della storia repubblicana non ci fu solo la paura del virus, ma anche una crisi di metodo, di fiducia e di responsabilità.

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