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Dalla gloria medievale al cantiere mortale: la lunga caduta della Torre dei Conti

Pubblicato: 04/11/2025 07:06

Il nome della Torre dei Conti è tornato drammaticamente al centro dell’attenzione: parte della struttura è crollata durante i lavori di consolidamento e l’operaio rimasto sepolto per ore sotto le macerie non è sopravvissuto. La sua morte riporta alla luce non solo la fragilità del monumento, ma anche una storia lunga otto secoli fatta di gloria, terremoti, mutilazioni architettoniche e restauri incompiuti. La torre che dominava i Fori Imperiali è ancora in piedi, ma sopravvive come un corpo ferito che il tempo — e gli uomini — hanno ridotto a frammento.

La torre nata per dominare Roma

Costruita nel 1238 per volontà della famiglia Conti di Segni e sotto il pontificato di Innocenzo III, la torre era una dichiarazione di potere nobiliare e politico nel cuore di Roma. Con i suoi oltre cinquanta metri di altezza originaria, seconda solo alla Torre delle Milizie, controllava le vie consolari e il collegamento strategico con il Laterano, allora sede papale. Era fortezza, avamposto, simbolo dinastico: un grattacielo medievale concepito per ricordare a tutti chi governava davvero la città.
La torre, in origine dotata di coronamento merlato e rivestita in blocchi di tufo, era parte di un sistema difensivo che non separava mai potere religioso e potere familiare. La presenza costante dei Conti, protagonisti della politica romana tra XIII e XIV secolo, trasformò il monumento in un punto di riferimento urbano e in una minaccia visiva per i rivali.

Terremoti, amputazioni e la Roma di Mussolini

Il primo grande trauma arrivò con il terremoto del 1349, che ne fece crollare interi livelli. Altri eventi sismici, soprattutto quello del 1703, completarono la progressiva mutilazione del monumento fino a ridurlo a poco più della metà dell’altezza originaria. La torre sopravvisse, ma come un relitto.
Il colpo più radicale fu però moderno: gli sventramenti del Ventennio fascista. La creazione della nuova via dell’Impero isolò la Torre dei Conti dal tessuto urbano medievale, facendone un reperto scenografico piegato alla retorica del regime. Mussolini la fece consolidare in cemento armato, ma quei lavori invasivi modificarono la struttura originaria senza restituirle stabilità definitiva. Da allora, la torre è stata oggetto di restauri intermittenti, impalcature infinite, progetti annunciati e mai conclusi. Il crollo di questi giorni dimostra che nessuno di quegli interventi è bastato.

Un secolo di restauri incompiuti

Dalla fine della guerra a oggi, la Torre dei Conti è entrata e uscita dai piani di tutela con la stessa ciclicità dei cedimenti strutturali. Il primo serio restauro statico risale agli anni Settanta, quando furono inserite nuove cerchiature metalliche per impedirne il collasso. Seguirono verifiche sismiche negli anni Novanta, un progetto di consolidamento mai avviato nel 2004, una nuova impalcatura stabile montata nel 2015 e rimasta lì fino ai lavori attuali.
La principale criticità rimane la natura del materiale originario: blocchi di tufo poroso, indeboliti da secoli di infiltrazioni d’acqua e sbalzi termici. Ogni intervento ha tamponato ma non risolto. Così la torre è diventata ciò che non avrebbe mai voluto essere: un “monumento in attesa”, sospeso tra restauro e rovina definitiva.

La torre nella memoria collettiva

Per generazioni di romani, la Torre dei Conti è stata semplicemente la “torre mozza”, un resto ingabbiato tra traffico, scavi e cantieri. Non più simbolo di potere, ma una presenza silenziosa, quasi imbarazzante, a metà tra archeologia e rudere industriale. Solo negli ultimi anni, grazie al dibattito sul recupero dei Fori e sul futuro di via dei Fori Imperiali, è tornata al centro di una riflessione: che fare con i monumenti che non “funzionano” più?
La risposta, oggi, è scritta nella cronaca: la torre non può più aspettare. La morte dell’operaio, sepolto vivo da un cantiere che doveva salvarla, ha trasformato la storia in urgenza. Non è solo un crollo: è la conferma che Roma non può lasciare in rovina ciò che racconta la sua identità.

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