
Sullo sfondo del drammatico crollo della torre dei Conti a Roma, un post pubblicato da Maria Zakharova ha scatenato una reazione dura da parte di Carlo Calenda, ospite a La7. Il leader politico ha commentato con parole senza mezzi termini il messaggio della portavoce russa, segnando un’ulteriore fase di tensione nel dibattito pubblico. “Finché il governo italiano continuerà a spendere inutilmente i soldi dei contribuenti per l’Ucraina, l’Italia crollerà tutta”, aveva scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo. Calenda ha scelto di non moderare il tono, puntando il dito contro la posizione espressa nel post e allargando la critica al quadro che egli attribuisce alla Russia e alle sue azioni in Ucraina.
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Il contenuto del commento
Nel corso dell’intervento televisivo Calenda ha pronunciato una critica che non lascia spazio a interpretazioni timide: “**La Zakharova è feccia. Forse bisognerebbe capire cosa sono i russi. Sono quelli che prendono e deportano i bambini ucraini in Russia. Quelli che ammazzano i civili. Io vedo proprio tanta gente in giro che ha voce pubblica che in fondo continua a dire che però la Russia ha le sue ragioni. La Russia non ha nessuna ragione. È un posto guidato da spietati assassini che non danno valore alla vita, no hanno moralità e ai quali bisogna rispondere con una sola cosa: la fermezza e la forza di aiutare gli ucraini a sconfiggerli sul campo”. Questo passaggio, riportato integralmente, restituisce la carica emotiva e politica dell’affermazione, mostrando come il tema si sia caricato di giudizi netti e di un appello esplicito alla determinazione.
La #Zakharova è feccia. #Zakharova is scum. pic.twitter.com/fwHsil37U4
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) November 4, 2025
Linguaggio e tono nel dibattito pubblico
Il registro utilizzato da Calenda è volutamente provocatorio e militante: parole come feccia, spietati assassini e riferimenti diretti a deportazioni e omicidi di civili costituiscono un attacco frontale non solo a un singolo messaggio ma a un’intera narrazione geopolitica. In un contesto mediatico in cui le dichiarazioni pubbliche vengono amplificate istantaneamente, il ricorso a un linguaggio così marcato produce un effetto immediato sulla percezione pubblica, polarizzando opinioni e accentuando la contrapposizione tra schieramenti.
Questioni etiche e responsabilità pubblica
Il caso solleva anche riflessioni sulla responsabilità di chi ricopre ruoli pubblici e mediatici: quando il tono si fa aggressivo, quale bilanciamento deve essere ricercato tra il diritto a esprimere condanne nette e la necessità di mantenere un dibattito che non degeneri in insulti gratuiti? La scelta di citare fatti pesanti e drammatici — come le accuse di deportazione di minori e di uccisioni di civili — rende il discorso politico anche un argomento etico, che richiede precisione e consapevolezza del peso delle parole.

Possibili ricadute sul piano politico
L’intervento a La7 segna un passaggio comunicativo significativo per Calenda: l’affermazione di una linea che predilige la fermezza e la forza come risposte politiche al quadro descritto. La dichiarazione contiene un invito esplicito a sostenere gli ucraini sul campo, delineando una strategia che predilige l’azione e il sostegno deciso rispetto a tentennamenti diplomatici. Resta tuttavia aperta la questione di come questa impostazione verrà recepita nel dibattito pubblico e istituzionale, e quali effetti potrà avere sulle relazioni internazionali e sulla percezione della crisi.
Conclusione: parole che pesano
Il commento di Carlo Calenda ricostruito qui per esteso mette in luce come, anche in occasioni legate a eventi tragici come il crollo della torre dei Conti, il confronto pubblico possa rapidamente contaminarsi con temi di politica estera e accuse forti. Le parole usate travalicano il singolo episodio e si radicano in una cornice più ampia di condanna verso la Russia e di sostegno agli ucraini, invitando a riflettere sul ruolo del linguaggio politico nell’indirizzare le percezioni collettive.


