
Massimo Lovati torna al centro del caso di Garlasco. Le parole del generale Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma e consulente della difesa di Alberto Stasi, hanno riaperto un capitolo che molti ritenevano chiuso. Le sue dichiarazioni, rilasciate in diretta durante la trasmissione “Storie Italiane” di Eleonora Daniele, hanno sollevato dubbi sulla gestione di una consulenza tecnica del 2017, rimasta – secondo quanto emerso – fuori dagli atti ufficiali. Un dettaglio che oggi fa tremare Lovati, all’epoca tra i legali coinvolti nella difesa.
Fino a poco tempo fa, l’avvocato milanese sembrava aver archiviato la vicenda legata ad Andrea Sempio, l’amico di Chiara Poggi finito al centro di un nuovo filone d’inchiesta. Ma le recenti parole di Garofano rischiano di cambiare tutto. L’ex comandante dei Ris ha raccontato di una consulenza redatta nel gennaio 2017, su richiesta degli avvocati della famiglia Sempio, che non sarebbe mai stata depositata alla Procura di Pavia. Un particolare che solleva interrogativi sulla condotta dei difensori e sull’intera gestione delle indagini private di quegli anni.
Le rivelazioni del generale Garofano

Secondo quanto ricostruito da Garofano, fu proprio Massimo Lovati a contattarlo per chiedere un’analisi del materiale genetico, dopo che erano circolate indiscrezioni sulla possibile compatibilità tra il profilo di Sempio e quello individuato dal genetista De Stefano. “L’avvocato Lovati mi ha chiesto di potermi interessare di questo caso perché si era diffusa la notizia che quel profilo era stato ritenuto inidoneo da De Stefano, ma compatibile secondo altri studi”, ha raccontato il generale durante la trasmissione.
L’incarico si concretizzò con due email, inviate l’11 e il 13 gennaio 2017 dall’avvocato Soldani. I messaggi contenevano la perizia di De Stefano e la richiesta di verificare la posizione genetica di Sempio. “Ho verificato che il prelievo corrispondeva effettivamente ad Andrea Sempio e mi sono concentrato sul confutare la perizia Linarello. Il mio avviso, come quello di De Stefano, era che quel profilo non fosse idoneo per alcuna comparazione”, ha aggiunto Garofano, chiarendo di aver agito esclusivamente come tecnico.
Le domande sulla riservatezza dei documenti

Durante l’intervista, la giornalista ha chiesto al generale se fosse consapevole dell’eventuale natura riservata dei documenti ricevuti. La risposta è stata netta: “Assolutamente no. Non potevo saperlo, né ero tenuto a saperlo. Quando ho visto che a nome di tre avvocati mi arrivava quella documentazione, per me era legittima”.
Garofano ha poi ribadito di non essersi mai occupato della provenienza dei materiali né di aver avuto contatti diretti con la famiglia Poggi. “Non lo so. Non ho mai chiesto nulla sulla provenienza. Il mio ruolo era solo tecnico”, ha precisato, accennando anche a una presunta intercettazione in cui la madre di Sempio parlava di “2000 euro da consegnare agli avvocati per ottenere le carte”.
Un documento mai depositato


La rivelazione più sorprendente arriva nel finale del racconto. Garofano ha spiegato di aver scoperto solo quest’anno che la sua consulenza – inviata via mail il 27 gennaio 2017 e regolarmente fatturata alla famiglia Sempio – non era mai stata depositata agli atti. “Pensavo fosse agli atti, e quando appresi che la posizione era stata archiviata credetti di aver dato un contributo utile”, ha dichiarato. Nel 2025, dopo essere stato nuovamente interpellato, lo stesso Garofano avrebbe appreso da Lovati che quel documento non era mai arrivato in Procura: “Sono rimasto sorpreso. Pensavo fosse già depositata. Mi è stato detto che non era necessario”.
Un dettaglio che oggi getta una luce inquietante sull’operato di chi gestì la difesa. Se la consulenza non fu mai formalmente presentata, chi decise di fermarla e per quale motivo? A questa domanda, Garofano ha risposto con tono pacato ma fermo: “Non lo so. I difensori avranno avuto le loro strategie. Aspetto anche io che si possa chiarire come sono andate davvero le cose”.
Un nuovo capitolo nel caso Garlasco
Le dichiarazioni del generale aprono dunque un nuovo scenario in uno dei casi giudiziari più complessi e discussi d’Italia. Il nome di Massimo Lovati potrebbe tornare presto al centro dell’attenzione mediatica e giudiziaria, riaccendendo le ombre su un’inchiesta che, a distanza di anni, continua a suscitare domande e polemiche.


