
Un tribunale statunitense ha stabilito un risarcimento record di 25 milioni di dollari per la madre di Jasmine “Jazzy” Vincent, la ragazza di soli 15 anni morta il 1° agosto 2021 a causa di una diagnosi errata. I giudici hanno riconosciuto la negligenza del team medico che si occupò della giovane, ritenendo che un corretto intervento avrebbe potuto salvarle la vita. Il processo, durato mesi, ha fatto riemergere i drammatici giorni in cui le condizioni della ragazza peggiorarono rapidamente, tra visite, dimissioni e sintomi sempre più gravi.
Il 14 luglio 2021, a Jazzy era stata diagnosticata una polmonite e prescritta una cura antibiotica per tosse e difficoltà respiratorie. Pochi giorni dopo, il 26 luglio, la madre la portò nuovamente al Mid Coast Medical Group perché la ragazza presentava un seno gonfio e di colore alterato, con vene dilatate sul torace e sul collo. Il medico di turno attribuì i sintomi a una reazione al farmaco, ipotizzando un disturbo simile a quello che colpisce gli uomini che assumono “steroidi anabolizzanti”. Una valutazione che si rivelò profondamente sbagliata.
Il peggioramento e la corsa contro il tempo
Dimessa senza ulteriori controlli, Jazzy iniziò a stare sempre peggio. Cinque giorni dopo, al pronto soccorso, gli esami mostrarono un preoccupante accumulo di liquido nel torace. La giovane fu trasferita d’urgenza al Maine Medical Center e ricoverata in terapia intensiva pediatrica. Nonostante i tentativi dei medici, la quindicenne andò in arresto cardiaco e morì il 1° agosto, a due settimane dal suo sedicesimo compleanno.

La verità dopo la tragedia
Solo dopo il decesso emerse la vera causa della morte: una leucemia linfoblastica acuta (LLA), una forma di tumore del sangue e del midollo osseo descritta dalla Mayo Clinic. Secondo i documenti processuali, se la malattia fosse stata individuata per tempo, le possibilità di guarigione sarebbero state molto alte in età pediatrica. L’accusa ha sottolineato come l’equipe medica abbia omesso esami fondamentali e sottovalutato segnali clinici che avrebbero dovuto far sospettare una patologia ematologica.
L’avvocata della famiglia, Meryl Poulin, ha definito la morte di Jazzy “insensata e completamente evitabile”, aggiungendo che “avrebbe potuto ricevere un trattamento salvavita se fosse stata adeguatamente valutata durante la visita”. Parole che racchiudono il dolore di una madre e la rabbia per un destino che, forse, poteva essere diverso. Dal canto suo, la clinica ha replicato che il personale “deve affrontare quotidianamente decisioni complesse e non dovrebbe essere penalizzato per ogni errore”.

Il verdetto e le conseguenze legali
Il 30 ottobre, la giuria ha disposto un risarcimento di 10 milioni di dollari per la “morte ingiusta” e altri 15 milioni per dolore e sofferenza. “Spero che questo verdetto porti finalmente un po’ di pace e una conclusione per la tragica perdita di questa bellissima e innocente ragazza di 15 anni”, si legge nelle memorie finali dei legali della madre. Una sentenza che rappresenta non solo giustizia per la famiglia, ma anche un monito per il sistema sanitario.
Una lezione sulla responsabilità medica
Il caso di Jasmine Vincent riporta al centro dell’attenzione i rischi legati alla negligenza medica. In presenza di sintomi atipici, soprattutto nei giovani pazienti, è essenziale procedere con esami approfonditi e un approccio prudente. Segni come vene toraciche dilatate, dispnea e variazioni cutanee non devono mai essere sottovalutati. Per la madre di Jazzy resta un dolore incolmabile, ma anche la speranza che questa vicenda possa servire a migliorare i protocolli clinici e a evitare che tragedie simili si ripetano.
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