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Terremoto nella politica italiana: chiesto l’arresto di due politici di spicco, le accuse

Pubblicato: 04/11/2025 11:42

Un nuovo terremoto scuote la politica italiana, travolgendo nomi e volti che appartengono alla storia più controversa del potere nell’isola e non solo. Un’inchiesta della magistratura ha scoperchiato un presunto sistema di appalti truccati, accordi sotterranei e scambi di favori che, secondo gli inquirenti, avrebbe coinvolto non solo funzionari pubblici ma anche esponenti di primo piano della scena politica nazionale. Le accuse parlano di corruzione, turbativa d’asta e associazione a delinquere: un mosaico di sospetti che rischia ora di trasformarsi in un nuovo scandalo giudiziario capace di riscrivere equilibri e carriere.

La Procura di Palermo, diretta da Maurizio de Lucia, ha chiesto i domiciliari per 18 persone nell’ambito di questa vasta operazione. Tra i nomi che emergono ci sono due figure note al grande pubblico: l’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, oggi alla guida della Nuova Dc, e il deputato di Noi Moderati Saverio Romano. Entrambi sono finiti nel registro degli indagati, con accuse pesanti che li riportano sotto i riflettori della cronaca giudiziaria dopo anni di relativa quiete.

Appalti truccati, chiesto l’arresto di Salvatore Cuffaro e Saverio Romano

Secondo quanto trapela, i carabinieri del Ros hanno notificato a tutti gli indagati l’invito a comparire per l’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, che dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura. Solo dopo gli interrogatori il gip potrà pronunciarsi anche sulla necessità di chiedere alla Camera dei Deputati l’autorizzazione all’arresto di Romano. Intanto, nei confronti di Cuffaro e di altri indagati, sono state eseguite perquisizioni e sequestri di documenti.

L’inchiesta coinvolge anche funzionari pubblici e figure dell’entourage politico e personale dell’ex governatore. Tra questi spicca il nome di Vito Raso, per anni autista e collaboratore di fiducia di Cuffaro, considerato dagli investigatori un possibile intermediario in alcuni passaggi delicati della presunta rete di appalti pilotati. Un sistema che, secondo l’accusa, avrebbe garantito vantaggi economici e posizioni di favore a imprese vicine agli ambienti politici coinvolti.

Per Cuffaro, questa nuova indagine riporta alla mente il capitolo più oscuro della sua carriera: la condanna definitiva del 2011 a sette anni per favoreggiamento a Cosa nostra. L’ex presidente aveva scontato quattro anni e undici mesi di pena, beneficiando di un anno di indulto e di liberazione anticipata per buona condotta, tornando in libertà nel 2015. Da allora aveva tentato un lento ritorno sulla scena politica, fino a ricostruire la Nuova Democrazia Cristiana, presentandosi come simbolo di rinascita e riscatto.

Anche Saverio Romano, oggi deputato di Noi Moderati, non è nuovo a vicende giudiziarie: nel 2012 fu prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per insufficienza di prove. Oggi il suo nome riappare accanto a quello di Cuffaro in un’inchiesta che minaccia di far crollare di nuovo certezze e alleanze. Il gip dovrà pronunciarsi nei prossimi giorni, ma in Sicilia — e nei palazzi romani — l’aria è già pesante: l’ombra lunga di una vecchia politica che non smette mai di tornare.

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