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Travolti nella notte: la tragedia sul Pambari raccontata dall’unico sopravvissuto

Pubblicato: 04/11/2025 16:58

“Dormivano, li abbiamo trovati così. Sepolti sotto due metri e mezzo di neve compatta”. La voce di Valter Perlino è ferma ma rotta dall’incredulità. L’alpinista piemontese è l’unico superstite del gruppo che, nei giorni scorsi, stava tentando la salita al Pambari (6.887 metri), nel Nepal occidentale, insieme a Stefano Farronato e Alessandro Caputo. I due italiani sono stati travolti da una valanga mentre riposavano nella loro tenda tra il Campo 1 e il Campo 2, sorpresi da una nevicata improvvisa che ha stravolto ogni previsione.

La storia di Valter: il malore che gli ha salvato la vita

Perlino li aveva lasciati poche ore prima, costretto a tornare a valle a causa di un malore: «Ho avuto una trombosi venosa al piede sinistro mentre stavamo salendo verso il Campo 3, a 6.300 metri. Abbiamo deciso di scendere insieme fino al campo base, ma loro si sono fermati al Campo 1. Stavano bene, avevano viveri e gas. Poi la tempesta è arrivata prima del previsto».

La nevicata, iniziata lunedì 27, è durata sei giorni consecutivi. «Sapevamo che sarebbe arrivata, ma non così presto», spiega l’alpinista. Le comunicazioni sono proseguite fino a giovedì 30 sera, poi il silenzio. «Ho capito che la situazione era precipitata. Mercoledì avevamo già lanciato l’allarme: muoversi era impossibile».

Quando il meteo ha permesso l’operazione di recupero, un elicottero e squadre di soccorritori nepalesi hanno raggiunto la zona. I corpi di Farronato e Caputo erano sotto quasi tre metri di neve, all’interno della tenda: «Erano addormentati. Non si sono resi conto di nulla».

La tragedia si inserisce in un contesto drammatico: negli stessi giorni, sull’Himalaya, in una spedizione diversa, sono morti altri tre alpinisti italiani.

Perlino, provato ma lucidissimo, chiude con un pensiero che pesa come la montagna che li ha traditi: «Non eravamo degli sprovveduti. Loro erano alpinisti esperti. Qui, però, a volte la montagna decide da sola. E non lascia scampo».

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