
È un’intervista densa di esperienza e di umanità quella che il professor Ermanno Leo, chirurgo oncologo di fama internazionale e Medaglia d’oro al merito della Sanità Pubblica, ha rilasciato al quotidiano Libero. Da oltre quarant’anni, Leo dedica la sua carriera allo studio e alla cura del tumore al colon-retto, una patologia su cui ha portato una vera rivoluzione chirurgica: è stato infatti il primo al mondo a sviluppare una tecnica conservativa e curativa oggi adottata in molti centri specializzati. Per anni ha diretto la Struttura Complessa di Chirurgia Colon-rettale dell’Istituto dei Tumori di Milano, creando un reparto d’eccellenza con una delle casistiche più ampie al mondo.
Il punto di partenza è un dato che fa riflettere: i tumori del colon-retto rappresentano attualmente la terza neoplasia più diffusa tra gli uomini e la seconda tra le donne. Solo nel 2023, si stima abbiano colpito 26.800 uomini e 23.700 donne. Secondo il report “I numeri del cancro in Italia 2022”, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del 65% negli uomini e del 66% nelle donne, percentuali che aumentano fino al 77% e al 79% se si considera la probabilità di vivere altri quattro anni dopo il primo dalla diagnosi.
Tumore al colon-retto, i segnali da non ignorare
A livello globale, i dati GLOBOCAN 2023 indicano che il tumore del colon-retto rappresenta il 9,6% di tutti i tumori diagnosticati, posizionandosi subito dopo il cancro al seno e quello al polmone. Il professor Leo lo definisce un tumore subdolo, difficile da riconoscere nelle fasi iniziali perché spesso non presenta sintomi evidenti. “All’inizio della malattia – racconta – il paziente può notare delle tracce di sangue nelle feci o un cambiamento nella mobilità intestinale, ma in molti casi può non accusare disturbi particolari”.

Per questo motivo, il medico sottolinea l’importanza della prevenzione: “Raccogliere l’anamnesi e indagare sulla storia familiare è un passo essenziale, poiché nel 15-20% dei casi esiste una familiarità per tumore colorettale. Gli screening, come la ricerca del sangue occulto nelle feci, la rettoscopia e la colonscopia, sono strumenti indispensabili per diagnosticare la malattia in fase precoce”.

Alimentazione e fattori di rischio: cosa dice l’esperto
Il discorso si sposta poi sull’alimentazione, spesso ritenuta una delle cause principali dei tumori intestinali. Ma su questo punto il professor Leo è chiaro: “Certamente usare cibo meno lavorato aiuta, ma dire che esiste un cibo canceroso o dannoso per l’intestino mi rifiuto di dirlo. Basta pensare che le prime tracce di tumore sono state ritrovate nelle ossa delle mummie egizie, due milioni di anni fa”.

Il chirurgo aggiunge: “Io mi occupo di diagnosi e cura, e se davvero ci fosse un alimento o una sostanza comprovata come cancerogena, dovrebbe essere tolta dal commercio. Ad oggi non si sa con certezza cosa scateni una patologia tumorale: basti pensare ai tanti bambini ricoverati nei reparti di oncologia pediatrica. È evidente che, in molti casi, entrano in gioco fattori genetici”.

Prevenzione e diagnosi precoce, le armi più efficaci
Infine, l’oncologo ribadisce un messaggio chiaro: la prevenzione resta la chiave, soprattutto tra i più giovani. “Oggi è indispensabile investire sulla diagnosi precoce e sull’educazione alla salute – conclude – perché se la malattia viene scoperta in tempo, le possibilità di guarigione sono molto elevate”.
Un invito alla consapevolezza e alla responsabilità, quello del professor Leo, che da decenni ricorda come la conoscenza e la tempestività possano davvero salvare la vita.


