
Un confronto che ha acceso il dibattito televisivo e politico. Durante l’ultima puntata di Real Politik, condotta da Tommaso Labate su Rete 4, la relatrice ONU Francesca Albanese è stata protagonista di un’intervista intensa e rivelatrice. Dalla questione palestinese al rapporto con il governo Meloni, fino all’ipotesi – sempre smentita ma mai del tutto esclusa – di una discesa in campo politica, la studiosa di diritto internazionale ha tracciato una linea netta tra il suo impegno istituzionale e la politica dei partiti.
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Il paragone con Zohran Mamdani e la tentazione della politica
Il momento più interessante dell’intervista è arrivato quando Tommaso Labate ha chiesto a Francesca Albanese se si sentisse una sorta di “Mamdani italiana”, richiamando il nome di Zohran Mamdani, il neoeletto sindaco di New York. Mamdani è il primo primo cittadino musulmano della metropoli americana, socialista democratico, di origini sud-asiatiche e nato in Africa. Un simbolo della nuova generazione di leader progressisti che coniugano impegno sociale e battaglie per i diritti civili.
La risposta di Albanese, tuttavia, è stata immediata e netta: «Io non faccio politica. Io sto solo chiedendo che venga rispettato il diritto internazionale». Una frase che, pur nella sua chiarezza, ha lasciato trasparire una consapevolezza: la sua figura ormai ha una forte valenza politica, anche al di là della volontà personale. Le sue parole e i suoi interventi dividono, generano dibattito e influenzano il modo in cui l’opinione pubblica guarda ai diritti umani e alle dinamiche geopolitiche.

Molti osservatori, anche tra i suoi sostenitori, ritengono che Francesca Albanese stia progressivamente assumendo un ruolo che va oltre quello di accademica o relatrice ONU. La sua presenza mediatica crescente, la capacità di argomentare in modo diretto e l’impatto delle sue dichiarazioni l’hanno resa una delle voci più riconoscibili del panorama italiano e internazionale.
E se oggi Albanese ribadisce di non voler “fare politica”, il paragone con Mamdani suona come un segnale: in un contesto globale in cui le figure della società civile si fanno carico di guidare il cambiamento, la possibilità che un giorno possa scegliere di entrare direttamente in campo non è più così remota.
“Non è la giustizia a dividere, ma l’ingiustizia”
Nel corso dell’intervista, Francesca Albanese ha affrontato anche il tema delle critiche che la dipingono come una figura divisiva. «Io sono divisiva? Non è chiedere giustizia che è divisivo, è l’ingiustizia che lacera. Parlare di ingiustizia lacera, la giustizia riconcilia», ha dichiarato.
Una frase che sintetizza la sua visione del ruolo pubblico: quello di una voce scomoda ma coerente, che pone l’attenzione su questioni morali e giuridiche anche quando queste mettono in difficoltà governi e alleati. Per la relatrice ONU, la vera frattura non nasce dal confronto, ma dal silenzio e dall’indifferenza davanti alla violazione del diritto internazionale.
Le critiche alla sinistra e la difesa dell’autonomia
Durante la puntata, la studiosa ha voluto anche chiarire il suo rapporto con la sinistra italiana, spesso considerata politicamente più vicina alle sue posizioni. Ma le sue parole hanno spiazzato molti: «Anche nel partito della sinistra c’è una fetta significativa di supporter dello Stato di Israele, ed è veramente grave». Una dichiarazione che dimostra la sua indipendenza intellettuale e il rifiuto di appartenere a qualsiasi corrente politica.
«Non mi sono mai sentita così italiana come in questo momento», ha aggiunto, rivendicando un legame profondo con il Paese e con la responsabilità che il suo ruolo internazionale comporta.

Una figura tra diplomazia e politica
La presenza di Francesca Albanese nel dibattito pubblico sta assumendo toni sempre più simbolici. Esperta di diritti umani e relatrice ONU sui territori palestinesi occupati dal 2022, Albanese rappresenta oggi una figura di rottura: non un’esponente politica, ma una professionista che ha saputo portare il linguaggio del diritto nel cuore della discussione politica e mediatica.
Tuttavia, la sua fermezza, la chiarezza dei suoi messaggi e la capacità di suscitare reazioni forti la rendono, di fatto, un personaggio politico a tutti gli effetti. Il paragone con Zohran Mamdani – leader giovane, idealista e vicino ai movimenti sociali – appare allora più di un semplice gioco retorico. È il riconoscimento implicito di un potenziale che va oltre il ruolo tecnico.
In un’Italia dove la politica fatica a trovare voci nuove e autorevoli, Francesca Albanese potrebbe un giorno incarnare quella figura capace di coniugare competenza, etica e impegno civile. Per ora, lei continua a negare qualsiasi ambizione in questo senso. Ma la storia insegna che spesso le figure più riluttanti all’arena politica finiscono per esserne protagoniste.
E se un giorno Francesca Albanese decidesse davvero di seguire le orme di Mamdani, la sua “non politica” diventerebbe inevitabilmente politica. Perché, come lei stessa ha detto, chiedere giustizia non divide: ricostruisce.


