
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto sul caso Garlasco, rilanciando un messaggio di cautela in merito al nuovo filone d’indagine che coinvolge Andrea Sempio, sospettato della morte di Chiara Poggi, avvenuta il 13 agosto 2007. Durante la trasmissione Cinque minuti, Nordio ha definito la vicenda un vero e proprio “paradosso giudiziario”, invitando a riflettere sui rischi di un errore doppio e irrimediabile.
«Non è mai troppo tardi per rimediare a un errore giudiziario, ma ricostruire un delitto dopo vent’anni è quasi impossibile», ha dichiarato il ministro. Parole che riflettono l’incertezza di una giustizia chiamata, a distanza di due decenni, a riconsiderare una tragedia già passata attraverso un lungo e complesso iter processuale.
Un “paradosso giudiziario” e i limiti della verità a distanza di anni

Nordio ha spiegato come, a vent’anni dai fatti, la ricerca della verità diventi inevitabilmente fragile. «O è vera la prima indagine, e allora oggi c’è una persona che subisce un’indagine devastante sul piano umano ed economico; oppure è vera la seconda, e in tal caso chi ha scontato dieci anni di carcere da innocente ha subito un’ingiustizia colossale».
Il ministro ha ribadito che la revisione di un processo è doverosa quando emergono elementi nuovi e concreti di innocenza, ma ha anche ricordato che le indagini tardive sono ostacolate dal tempo: prove biologiche deteriorate, testimoni non più reperibili e tracce ormai svanite. «Le indagini su fatti avvenuti venti o trent’anni fa sono estremamente difficili — ha osservato — e infatti la situazione oggi appare piuttosto ferma».
Nordio ha aggiunto che, se entrambe le ipotesi risultassero infondate, ci si troverebbe davanti a un doppio errore giudiziario, un fallimento del sistema da cui nessuno uscirebbe realmente responsabile.
Il sostegno degli avvocati di Andrea Sempio
Le parole del ministro hanno trovato immediato riscontro nella difesa di Andrea Sempio. I suoi legali, Liborio Cataliotti e Angela Taccia, hanno espresso «piena condivisione» delle considerazioni di Nordio, sottolineando la necessità di non confondere il giudicato a carico di Alberto Stasi — condannato in via definitiva nel 2015 per l’omicidio di Chiara Poggi — con il nuovo procedimento.
«Condividiamo le parole del ministro Nordio — scrivono i difensori — che ha distinto con precisione i due piani della vicenda. Solo una rivalutazione del primo processo, basata su prove concrete di innocenza, potrebbe giustificare l’apertura di una nuova indagine».
I legali hanno inoltre avvertito che riaprire il caso senza un reale fondamento rischierebbe di produrre un secondo errore giudiziario, alimentando confusione e dolore in una vicenda che da anni divide l’opinione pubblica.
L’invito alla prudenza
Le parole di Nordio arrivano come un richiamo alla responsabilità istituzionale. Il ministro ha ricordato che la giustizia deve saper correggere i propri errori, ma anche riconoscere i limiti del tempo e della memoria giudiziaria. «Correggere è un dovere — ha concluso — ma riscrivere la storia non è possibile».
Un monito che pesa su una delle vicende più complesse e controverse della cronaca italiana, dove il confine tra verità processuale e verità storica appare oggi più labile che mai.


