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Perde un pezzo di testa in un incidente, l’assicurazione non lo risarcisce: il motivo assurdo

Pubblicato: 06/11/2025 08:43
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Certe sere d’inverno, quando il sole cala troppo in fretta e le strade si svuotano, il tempo sembra dilatarsi. Le luci dei lampioni si riflettono sull’asfalto umido, il rumore dei motori si mescola al silenzio delle periferie e la città respira piano, quasi distratta. In quei momenti, basta un attimo, una curva, un riflesso sbagliato per trasformare la normalità in tragedia. Nessuno pensa che la propria routine possa cambiare così, improvvisamente, sotto le ruote di un destino che non lascia il tempo di reagire.
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La strada non perdona, ma spesso nemmeno protegge. Ogni giorno centinaia di persone percorrono le stesse vie, in bicicletta, in moto, a piedi, fidandosi delle regole e della prudenza altrui. Eppure, dietro a ogni incidente, ci sono vite sospese, famiglie che aspettano risposte, persone che devono ricominciare da zero. Non c’è rumore che anticipi l’impatto, né luce che illumini abbastanza il punto in cui tutto si ferma.

L’incidente a Passo Varano

È in un pomeriggio di dicembre, il 4 del 2023, che il destino decide di cambiare direzione. A Passo Varano, alle porte di Ancona, un uomo di 44 anni viene travolto mentre percorre in bicicletta un tratto di strada familiare. Si chiama Carlo Perticarini, vive a Porto San Giorgio e lavora come tecnico al laboratorio strutture dell’Università Politecnica delle Marche. Quella sera non farà più ritorno a casa con le proprie forze.

Un’auto lo investe e lo lascia a terra, privo di conoscenza. I soccorsi arrivano in pochi minuti, ma l’impatto è devastante. «Mi sono risvegliato dopo 15 giorni, non capivo dove fossi, non ricordo niente. Ho detto a mia madre che dovevo prendere il treno. La mia mente era rimasta a quel giorno», racconta oggi. I medici gli spiegano che ha riportato un grave ematoma cerebrale che non riuscivano a decomprimere. Per salvargli la vita, hanno dovuto asportare una parte della scatola cranica.

Un lungo calvario tra ospedali e riabilitazione

Dopo settimane in terapia intensiva, Carlo comincia un percorso lento e doloroso di riabilitazione. Passa per l’ospedale Torrette di Ancona, poi per Fermo e infine per il centro riabilitativo di Potenza Picena. L’obiettivo è uno: recuperare forza e stabilità, in attesa di poter riattaccare il pezzo mancante della testa, l’opercolo.
Nell’aprile 2024 entra in lista per l’intervento, ma la trafila burocratica si rivela infinita. Il frammento osseo, conservato in un congelatore dell’ospedale di Fabriano, sembra scomparso tra carte e corridoi. Solo pagando una visita privata da 202 euro e un trasporto medico da 20 euro riesce a ottenere un nuovo appuntamento. «Sono stato costretto a fare una visita a pagamento per farmi operare, capisci?», racconta. Alla fine, il pezzo di cranio gli viene riattaccato in un ospedale pubblico.

Il rifiuto dell’assicurazione

Ma il peggio deve ancora arrivare. L’Allianz, compagnia designata per la gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada, rifiuta di risarcirlo. Nella risposta ufficiale scrive: «Seppur spiacenti, non ci è possibile formulare ipotesi risarcitorie in quanto il fatto non risulta sufficientemente provato». Una motivazione che lascia l’uomo incredulo. «Secondo loro come mi sono spaccato la testa? Sono intervenuti ambulanza e vigili!», dice con amarezza.

Le carte dell’incidente parlano di un “veicolo B”, definito come “veicolo ignoto”. Le telecamere di sorveglianza hanno registrato fasci di luce provenienti dal senso opposto rispetto a quello del ciclista, con un movimento ad arco, come se un veicolo avesse fatto una manovra a U. Tutto lascia pensare a un mezzo che ha invaso la corsia, ma il responsabile non è mai stato identificato.

L’archiviazione e l’amarezza

Il gip del Tribunale di Ancona, con ordinanza del 27 gennaio 2025, ha disposto l’archiviazione del caso: «Dagli atti non si desumono elementi certi per l’individuazione del responsabile del grave sinistro occorso a Perticarini Carlo». Il giudice aggiunge che «alcuna indagine suppletiva è effettivamente idonea, stante il tempo ormai trascorso dai fatti». Persino il presunto «furgone bianco» citato in un verbale non è stato sufficiente a chiarire la dinamica.

Oggi, a quasi due anni di distanza, Carlo vive con le conseguenze di quell’incidente e con la frustrazione di una giustizia incompleta. «Ora per provare a ottenere qualcosa devo trovare un medico legale che ricostruisca l’incidente. Il tutto a mie spese, ovviamente», racconta. La sua vicenda è la fotografia amara di un sistema che spesso abbandona le vittime di incidenti stradali senza colpevoli, costringendole a combattere non solo contro il dolore, ma anche contro la burocrazia.

La solitudine delle vittime invisibili

La storia di Carlo Perticarini non è un caso isolato. Ogni anno in Italia centinaia di persone vengono coinvolte in incidenti con veicoli non identificati e restano intrappolate in un limbo tra archiviazioni e risarcimenti negati. Il Fondo vittime della strada, nato per garantire un sostegno a chi subisce danni da conducenti fuggiti o ignoti, troppo spesso si arena tra cavilli e formalità.
Dietro le statistiche ci sono volti, famiglie, lavori sospesi e cicatrici che non si vedono. Carlo, con la sua voce pacata e il coraggio di raccontare, ricorda che dietro ogni pratica respinta c’è una vita che cerca soltanto di ricominciare.

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Ultimo Aggiornamento: 06/11/2025 08:45

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