
La corsa alla presidenza del Veneto si sta delineando con margini già molto netti. Secondo l’ultima rilevazione Ipsos illustrata da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera, Alberto Stefani — candidato del centrodestra e attuale vicesegretario della Lega — è stimato al 62,8% dei voti validi. Un vantaggio di oltre 36 punti sul candidato del campo largo, Giovanni Manildo, fermo al 26,9%.
L’ampiezza dello scarto conferma l’orientamento elettorale di una regione che arriva da anni di governo sotto Luca Zaia, il cui operato raccoglie ancora un indice di gradimento molto elevato: il 72% dei cittadini valuta positivamente l’amministrazione uscente, un dato che raggiunge il 74% tra gli indecisi.
I temi che orientano il voto
A guidare le priorità degli elettori è la sanità, settore considerato cruciale in una regione dove la gestione ospedaliera e territoriale è spesso al centro del dibattito politico. Seguono sicurezza e criminalità, quindi trasporti e infrastrutture, e infine lavoro e occupazione.
Sul fronte delle intenzioni di voto ai partiti, la Lega si attesta al 23,6%, tallonata da Fratelli d’Italia al 23,2%. Nel resto della coalizione, Forza Italia raccoglie l’8,5%, mentre Liga Veneta Repubblica si ferma al 5,6%.
Il campo largo fatica a crescere
Nel centrosinistra, il Partito Democratico viene stimato al 14,8%, con una lieve crescita rispetto alle Regionali del 2020. Alleanza Verdi-Sinistra si attesta al 3,8%, mentre il Movimento 5 Stelle resta stabile attorno al 2,6%. Complessivamente, le altre liste della coalizione raggiungono il 5,2%.
L’affluenza stimata si ferma al 48%, un dato che conferma la difficoltà generalizzata nel mobilitare gli elettori al voto regionale.
La distanza tra i due candidati principali, al momento, racconta un quadro politico che sembra destinato alla continuità: ma lo scenario resta ancora condizionato da partecipazione, campagna sul territorio e ultimi spostamenti dell’elettorato indeciso.


