
Una serata di festa trasformata in tragedia. Simone Ricciotti aveva appena compiuto 21 anni quando un terribile incidente ha spezzato la sua giovane vita. Dopo aver festeggiato con gli amici, il ragazzo stava tornando a casa a bordo di una Fiat 500, seduto sul lato passeggero. Alla guida c’era un amico di un anno più grande, rimasto ferito ma vivo, costretto ora a convivere con un dolore che non si cancella. L’auto, dopo una curva su via di Brava a Roma, ha perso aderenza ed è finita contro un guardrail. Nessun altro veicolo coinvolto, solo il buio e il silenzio della notte a fare da sfondo al dramma.
Un impatto devastante che ha posto fine a una vita piena di sogni, progetti e sorrisi. Simone aveva brindato poche ore prima con gli amici, ignaro che quella sarebbe stata la sua ultima notte di spensieratezza.
Il messaggio della madre: dolore e perdono
La madre di Simone, Sabrina G., 46 anni, ha trovato parole che lasciano senza fiato per la lucidità e la forza d’animo. «Mio figlio tornava da una festa, guidava il suo migliore amico. Lo immagino felice. Sicuramente avranno bevuto tutti e due. Ma non mi sento di condannare quel ragazzo. A che servirebbe?». Un pensiero che racchiude l’essenza del suo amore, capace di superare anche la rabbia più profonda.

Nel pomeriggio successivo all’incidente, Sabrina si è recata sul luogo dello schianto insieme agli amici del figlio, alla fidanzata e ai parenti. Tra fiori, silenzi e lacrime, è nata una veglia improvvisata sul ciglio della strada, mentre le auto scorrevano ignare. «Ieri sera molti di noi erano con Simone a cena a Trastevere nello stesso locale dove ci siamo fermati a ballare. Sembrano frasi fatte ma era un bravissimo ragazzo. Serio, con le idee chiare», ha raccontato Andrea, amico e coetaneo. Anche il fratellastro di Simone ha ricordato il suo impegno nello studio: «Dopo la scuola si era iscritto all’università americana, la John Cabot. Aveva dato tutti gli esami e il 19 maggio avrebbe preso la laurea triennale».
L’ultimo saluto sul ciglio della strada

La madre, seduta sull’asfalto accanto ai fiori, ha rivissuto l’incubo di quella telefonata all’alba. «Mi ha svegliato la suoneria del telefono. Ho solo capito che dovevo andare di corsa al Gemelli perché il mio Simone aveva avuto un incidente. Sono arrivata e mi sono ritrovata nella camera mortuaria a dover riconoscere il suo corpo». Tra le lacrime, la donna ha pensato anche alle due figlie che vivono negli Stati Uniti: «Spero che il nome di Simone non esca sui siti. Ho avvisato le sorelle e sono già in viaggio per l’Italia, ma non ho detto loro che il fratello è morto». Una delle due, la gemella di Simone, era legatissima a lui: condividevano studi, passioni e sogni di vita.

Le indagini e il ricordo di una vita spezzata
La polizia locale del IX Gruppo Eur sta ricostruendo la dinamica dell’incidente. Secondo le prime ipotesi, la velocità potrebbe essere stata una delle cause principali. L’impatto, violentissimo, è avvenuto intorno alle tre del mattino, in un tratto poco illuminato e privo di telecamere. La Fiat 500, diretta verso il Grande raccordo anulare, avrebbe perso il controllo in una curva a sinistra, finendo contro la barriera metallica. Sul manto stradale, rifatto da poco, è rimasta solo una traccia di frenata debole, segno di un ultimo tentativo disperato di evitare il peggio.
Un colpo secco, poi il silenzio. Per Simone non c’è stato nulla da fare. A 21 anni aveva davanti a sé una laurea imminente, una storia d’amore e una famiglia che lo amava. Tutto si è interrotto in un istante. Ma nel dolore che ora accompagna chi lo conosceva, le parole della madre risuonano come un messaggio di speranza: il perdono come ultimo atto d’amore, l’unico capace di sopravvivere anche alla tragedia più ingiusta.


