
Doppia tragedia nel mondo del running amatoriale veneto: due atleti, tesserati per la medesima società sportiva, sono stati trovati morti a distanza di un mese l’uno dall’altra nel proprio letto. Le procure di Vicenza e Verona indagano su queste morti misteriose che hanno scosso la comunità sportiva, mentre il mondo del doping viene categoricamente escluso ma l’ombra di presunte irregolarità sui certificati medici si allunga sulla vicenda.
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Ultimo addio a Alberto Zordan e l’eco della tragedia di Anna Zilio
Ieri, la comunità di Sovizzo si è stretta attorno alla famiglia di Alberto Zordan, l’atleta e padre di famiglia di 48 anni, trovato senza vita nel suo letto dalla moglie domenica mattina. Sulla bara, oltre ad una corona di fiori bianchi, spiccavano le sue scarpe da corsa di un verde fosforescente, simbolo di una passione interrotta. La causa ufficiale della morte è stata ricondotta a un malore, un infarto, come si dice sempre.
Tuttavia, il dolore e lo sconcerto sono amplificati da un’altra tragedia, avvenuta solo un mese prima. Molte delle stesse persone presenti al funerale di Zordan avevano partecipato, il 13 ottobre a Verona, ai funerali di Anna Zilio, una donna di 39 anni, anch’ella atleta, morta nel suo letto. Entrambi erano tesserati per la medesima società amatoriale, il team Km Sport, con sede a San Martino Buon Albergo, nella periferia veronese.

La società sportiva e il muro dell’incredulità
Emanuele Marchi, titolare del team Km Sport, che gestisce sia un negozio specializzato per runner sia una società amatoriale con 700 iscritti, esprime un profondo sconcerto: «Non trovo una spiegazione logica a tutto questo. La nostra attività va avanti da vent’anni, e non è mai successo niente, con 700 iscritti…», ha dichiarato. Marchi ha ribadito la convinzione che i due atleti non fossero malati: «Non erano malati, ne sono sicuro. Avevano i certificati medici…».
Proprio sui certificati medici, necessari per qualsiasi attività sportiva agonistica e non, si concentrano ora le attenzioni delle due procure e degli investigatori. L’obiettivo è fare chiarezza sulla strana concatenazione di eventi che ha coinvolto due sportivi non professionisti, che, secondo l’avvocato Pezzotti, si conoscevano appena e non si allenavano insieme.
L’ombra del doping smentita dagli avvocati
La parola che aleggia, ma che viene subito respinta con forza, è quella di doping. L’avvocato Pezzotti, incaricato dalla famiglia Zilio di seguire l’inchiesta sulla morte della figlia, ha liquidato l’ipotesi con un secco: «Doping? Ma non scherziamo!». La motivazione risiede nell’età e nelle prestazioni degli atleti: «Sono sicuro che non aspirassero a diventare professionisti, data l’età e anche le prestazioni».
L’obiettivo per gli amatori, come ricordato dal pulpito da un compagno di squadra durante il funerale di Zordan, è il raggiungimento di un obiettivo personale, non la vittoria professionale.
Attesa per l’autopsia e i sospetti su patologie non diagnosticate
Nonostante l’esclusione del doping, la cautela è d’obbligo in attesa degli esiti delle autopsie. L’avvocato Pezzotti ha aggiunto che, per quanto riguarda Anna Zilio, si è in attesa degli esiti autoptici, ma non si esclude il sospetto che potesse avere «qualche problema fisico, come succede ai calciatori, che stanno benissimo e poi crollano sul campo, per qualche patologia non diagnosticata…». Curiosamente, sia Anna Zilio che Alberto Zordan sono deceduti a riposo, nel sonno.

Anna Zilio e il culto della corsa
Anna Zilio era una sportiva molto dedita, la cui passione per la corsa era totalizzante. Fernanda Braga, dal negozio di San Martino, ha raccontato: «Si allenava tutti i santi giorni, 10-15 chilometri al giorno. Per lei correre era vivere, e per quello viveva». La sua foto sorridente, con una canottiera tricolore, campeggia ancora dietro le casse del negozio, a testimonianza del suo legame con la comunità sportiva. La sua passione, definita forte, non era un tabù come il doping. Tuttavia, la sua figura è al centro delle indagini per presunte irregolarità emerse dalle fonti investigative sui suoi certificati medici.
La gestione interna dei tesseramenti sotto indagine
Anna Zilio, oltre a lavorare in negozio, aveva un contratto come segretaria della società, occupandosi della gestione dei tesseramenti e dell’inserimento dei certificati medici nel sistema informatico collegato alla Fidal. «Gestiva tutto lei, e controllava che tutto fosse in regola», ha spiegato Marchi.
La fiducia riposta in lei era totale: «Ci siamo sempre fidati, né potevamo controllare chi aveva la delega al controllo». La squadra mobile di Verona ha quindi controllato gli accessi e la validità dei documenti inseriti nel computer della società, a partire da quelli della Zilio.
Marchi ha verificato che il certificato medico di Zordan era stato spedito ed era in scadenza il prossimo gennaio. Quello di Anna Zilio, invece, lo aveva lei stessa. Risultava comunque in regola, consentendole di partecipare a gare impegnative come la “StrArzignano”, la “30 Trentina”, la “Belluno-Feltre” e persino a una 100 chilometri in Olanda qualche mese prima.
La sua famiglia, certa della sua salute, esclude problemi fisici pregresse, citando la partecipazione alla 100 chilometri come prova della sua integrità fisica. Solo nel 2021 Anna Zilio aveva dovuto interrompere temporaneamente la sua attività per un consiglio medico, ma era tornata felice con un nuovo certificato medico. La sua filosofia di vita, incisa sul manifesto funebre, riecheggia ora come un monito: «Non aspettate di avere tempo, perché è sempre il momento giusto per valorizzarsi e avere tutto ciò che si merita. Credeteci, impegnatevi, conquistatelo, realizzatevi».


