
Una nuova pagina si aggiunge alla complessa vicenda del rapporto Oms pubblicato e poi ritirato nel maggio 2020, durante i giorni più tesi della gestione pandemica. L’ex vicedirettore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Ranieri Guerra, ha deciso di non accettare più il ruolo di capro espiatorio, portando davanti alla commissione Covid una serie di documenti finora inediti: e-mail e messaggi che ricostruiscono i retroscena del clamoroso ritiro della relazione coordinata da Francesco Zambon, anche lui ex funzionario Oms.
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Dalla corrispondenza depositata emergono passaggi che sembrano destinati a riaccendere il dibattito politico e istituzionale. In particolare, viene chiamato in causa l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, il quale – secondo quanto riferito – avrebbe avuto un ruolo centrale nelle decisioni che portarono alla rimozione del rapporto.
L’incontro del 14 maggio 2020 e il ruolo dell’Oms Europa
La ricostruzione dei fatti parte da un incontro del 14 maggio 2020 tra Speranza e Guerra, avvenuto su richiesta di Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa. L’obiettivo, secondo quanto riportato, sarebbe stato quello di ricomporre la frattura fiduciaria tra il Ministero della Salute italiano e l’Oms, incrinata dalla pubblicazione non autorizzata del documento di Zambon.
Proprio nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno, Kluge avrebbe deciso di bloccare la ripubblicazione del rapporto, che conteneva analisi critiche sulla gestione italiana dell’emergenza. Il testo era stato diffuso senza l’approvazione dell’ufficio legale dell’organizzazione, ma soprattutto avrebbe sollevato imbarazzi a livello internazionale, anche per le pressioni dell’Oms Cina, preoccupata per la rivelazione di una data di contagio anticipata rispetto alla versione ufficiale di Pechino.

Le e-mail di Guerra e le pressioni politiche
Le e-mail depositate da Guerra offrono un quadro ancora più delicato. In una comunicazione interna, l’ex numero due dell’Oms avrebbe sottolineato come la pubblicazione del rapporto, nel quale si denunciava che il Piano pandemico italiano era fermo al 2006, avrebbe significato «bastonare il governo». Una frase che, se confermata, dimostrerebbe la consapevolezza politica della portata esplosiva di quelle informazioni.
Secondo l’interpretazione data da esponenti dell’opposizione, tra cui la senatrice di Fratelli d’Italia Antonella Zedda, tale posizione rivelerebbe la volontà di censurare quanto realmente accaduto nei primi mesi del 2020. La Zedda ha sottolineato che il ministro Speranza avrebbe persino chiesto che, nel ruolo di osservatore Oms, fosse nominato proprio un italiano: Ranieri Guerra, già direttore generale della Prevenzione e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts).

Il dibattito politico e le accuse di ingerenza
Un punto cruciale della vicenda riguarda il potere decisionale esercitato da Guerra in qualità di osservatore. Secondo la stessa Zedda, la sua posizione non avrebbe dovuto prevedere un intervento diretto, ma i fatti documentati mostrerebbero l’esatto contrario. Il tema è stato ripreso anche da Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Covid, che ha definito l’intervento di Speranza nel ritiro del documento «un fatto gravissimo» qualora fosse confermato.
Le opposizioni parlano di una possibile interferenza politica nei lavori dell’Oms e nella gestione della comunicazione istituzionale durante la prima fase dell’emergenza sanitaria. Domande e sospetti che tornano oggi a galla con forza, alla luce dei nuovi elementi prodotti da Guerra.
Le conseguenze di una verità ancora da chiarire
Il dossier consegnato in commissione apre scenari inediti su una delle pagine più controverse della gestione pandemica italiana. L’immagine che emerge è quella di un delicato equilibrio tra scienza, politica e diplomazia internazionale, dove il confine tra prudenza istituzionale e censura appare sempre più sottile.
Il caso Zambon–Guerra–Speranza continua dunque a scuotere il dibattito pubblico, alimentando la domanda di trasparenza su un periodo in cui le decisioni prese ai vertici hanno inciso profondamente sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E mentre gli atti depositati promettono di far luce su nuove responsabilità, resta aperta una questione più ampia: fino a che punto la politica può influenzare la scienza quando è in gioco la gestione di una crisi globale?


