
Le operazioni di soccorso sullo Yalung Ri, la montagna del Nepal colpita da una tragica valanga che ha inghiottito un gruppo di sette alpinisti, sono state interrotte. La decisione è stata presa da Manuel Munari, pilota d’elicottero e titolare dell’agenzia di aviazione Avia Mea, insieme a Michele Cucchi, guida alpina e soccorritore d’alta quota, e a Bruno Jelk, esperto soccorritore svizzero. La neve è troppo dura, compatta e spessa, e le condizioni sono insostenibili per proseguire le ricerche. La valanga, innescata da una fortissima e inattesa tempesta di neve, ha portato a valle un grosso pezzo del versante, incluse rocce, rendendo impossibile l’uso di sonde e pale. Tra le vittime accertate c’è l’italiano Paolo Cocco, il cui corpo è stato recuperato martedì. Sono ancora dispersi gli italiani Marco Di Marcello e Markus Kirchler, il tedesco Jakob Schreiber, e le due guide locali Mere Karki e Padam Tamang.
La decisione di sospendere le operazioni
Manuel Munari, rientrato a Kathmandu, ha incontrato il console italiano per riferire in merito alle richieste delle famiglie, che vorrebbero proseguire gli sforzi. Nonostante il rispetto per il loro desiderio, i soccorritori, forti della loro esperienza tecnica, sono concordi nell’affermare che non ci sono le condizioni per andare avanti. La consistenza della neve è tale da impedire il completamento dell’operazione di sondaggio e scavo. La squadra ha lavorato sul fronte della valanga per tre giorni, operando con l’elicottero dal villaggio di Na, in quanto il luogo dell’incidente è troppo remoto e si trova lungo un pericoloso pendio di ghiacciaio. Per le comunicazioni è stata utilizzata un’unica connessione satellitare Starlink, data l’assenza di collegamenti telefonici. Un secondo elicottero di una compagnia nepalese e quattro sherpa avevano affiancato l’équipe iniziale. I costi sono stati sostenuti dalle assicurazioni dei tour operator.
Individuazione dell’area, ma difficoltà nello scavo
Sebbene i soccorritori abbiano perimetrato l’area della valanga, che si estende per un fronte di 200 metri e coinvolge l’intero versante, l’ostacolo insormontabile resta lo scavo. Utilizzando il dispositivo Recco Sar a bordo dell’elicottero, è stata individuata l’area probabile in cui si trovano i corpi. Tuttavia, lavorando a 5.500 metri di altitudine, la squadra ha raggiunto una profondità massima di 3-4 metri, non sufficiente per il recupero. Nello scavo sono stati trovati solo alcuni oggetti: dei ramponi, un bastoncino e due guanti spaiati, che potrebbero appartenere sia alle vittime che ai superstiti del gruppo, che contava in totale una quindicina di persone. Lo spessore della neve varia dai due ai sei metri e, essendo la valanga di medie dimensioni ma con rocce al suo interno e caduta su un ghiacciaio già segnato da crepacci, il manto nevoso si è indurito e compattato nel corso dei giorni.
Il rispetto per la speranza delle famiglie
I familiari di Di Marcello avevano notato degli spostamenti sul dispositivo GPS che indossava l’alpinista, alimentando la speranza. Munari ha ribadito il rispetto per i familiari, consapevole che essi cercano ogni spiraglio di speranza, ma ha sottolineato l’importanza di restare concreti nel lavoro di soccorso, data l’assenza di margini operativi. La decisione di interrompere le ricerche è stata congiunta con le guide sherpa locali, e non è stata influenzata da considerazioni economiche o pressioni da parte delle assicurazioni. I soccorritori hanno agito come partner tecnico, senza contatti diretti con le compagnie assicurative.
Le estreme condizioni operative
Il lavoro è stato svolto in condizioni di alta quota estreme, a 5.500 metri. Raggiungere la zona con l’elicottero richiede l’uso di ossigeno per il pilota al di sopra dei 10.000 piedi. Nonostante le basse temperature notturne, durante il giorno l’escursione termica ha permesso ai soccorritori di lavorare in maniche corte. Il pendio è ora considerato in sicurezza, in quanto la valanga è già discesa. La comitiva era arrivata nella parte pre-sommitale di un’area descritta come una vallata stupenda e remota, circondata da diversi “seimila”.
L’incertezza sul futuro dei corpi
Riguardo al futuro dei cinque alpinisti dispersi, la speranza è che i corpi vengano ritrovati con il cambio di stagione, quando il manto nevoso diminuirà. Tuttavia, questa è un’ipotesi che entra in una zona grigia di incertezza, dipendente dall’evoluzione del clima e dall’eventualità di nuove valanghe. La speranza del ritrovamento è legata ai futuri mutamenti naturali dell’ambiente montano.


