
Tommaso Cerno, oggi direttore del Tempo, ripercorre la propria storia professionale e personale in un’intervista al Corriere della Sera che attraversa tre decenni di giornalismo italiano, passando da Udine a Roma, dai quotidiani locali alle redazioni dei grandi giornali nazionali, fino alla parentesi parlamentare. Un racconto che parte dal 1992, quando da studente riuscì a pubblicare il primo articolo al Gazzettino grazie a un telefono cellulare comprato con una colletta, e arriva al presente tra scelte controcorrente, amicizie politiche finite, battaglie civili e vicende biografiche difficili da catalogare. Cerno ricorda il liceo occupato, la voglia di fare il cronista “dentro la notizia” e quella sensazione di ascesa che, a suo dire, ha segnato la prima parte della sua carriera, quando credeva che il giornalismo potesse ancora cambiare la realtà più delle leggi o dei partiti.

Dal caso Englaro ai vertici dei giornali
Il salto di notorietà arriva con il caso Eluana Englaro, seguito per il Messaggero Veneto, quando Cerno decide di raccontare la vicenda dal punto di vista della famiglia, in particolare di Beppino Englaro. Quel lavoro lo porta alla chiamata de L’Espresso sotto la direzione di Daniela Hamaui, poi alla guida del Messaggero Veneto e infine alla condirezione di Repubblica. Racconta di essere entrato ai vertici del gruppo Gedi convinto di ottenere la direzione, salvo poi accettare un ruolo ridimensionato che ancora oggi definisce “errore di vanità”. La rottura successiva, dice, fu inevitabile e lo spinse verso la politica, dove nel 2018 approdò al Senato con il Pd per poi passare al Gruppo Misto. Rivendica di aver contribuito personalmente all’affossamento del Ddl Zan, sostenendo che fosse possibile far approvare solo l’estensione della legge Mancino alle sigle LGBTQ, mentre la scelta di puntare su un testo più ampio e identitario lo rese destinato alla sconfitta.
L’infanzia, la sessualità, le accuse di droga
Nel finale dell’intervista Cerno affronta il capitolo più delicato: la “prima volta” a 11 anni con un prete. La definisce «sicuramente una violenza», ma aggiunge che gli piacque e che questo gli ha impedito per anni di dare un nome a ciò che accadde. La frase sintetizza un rapporto irrisolto con la propria storia sessuale, che oggi vive dentro un’unione civile: nel 2022 ha sposato Stefano Balloch, consigliere regionale in Friuli Venezia Giulia, e sostiene che l’idea di fedeltà obbligatoria andrebbe ripensata perché «a volte tradire salva una relazione». Cerno torna anche sull’inchiesta sulla droga che coinvolse la sorella di Ornella Muti e in cui fu sfiorato senza essere indagato: la definisce un agguato mediatico e racconta di aver visto colleghi di palazzo ridere prima che uscisse la notizia. «Non faccio i loro nomi perché mi fanno pena», commenta, lasciando intendere che la vicenda lo ferì più sul piano umano che su quello giudiziario.

