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Ucraina colpisce le centrali al confine, Mosca parla di “terrorismo energetico”. E Lavrov attacca l’Europa sui fondi congelati

Pubblicato: 09/11/2025 12:27

Il fronte della guerra si sposta sempre più sulle infrastrutture energetiche: nella notte tra sabato e domenica diverse centrali elettriche nelle regioni russe di Belgorod e Kursk sono state colpite da raid attribuiti alle forze ucraine, lasciando oltre 20 mila persone senza corrente. A poche ore di distanza, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha attaccato l’Unione europea, definendo “un inganno e una rapina” l’ipotesi di utilizzare i beni russi congelati per finanziare il sostegno a Kiev.

I raid sono stati confermati dalle autorità regionali. A Belgorod, il governatore Vyacheslav Gladkov ha parlato di “gravi danni” alla rete di distribuzione di luce e riscaldamento, con interi quartieri del capoluogo regionale rimasti senza energia. A Kursk, secondo il governatore Alexander Khinshtein, un impianto energetico è andato a fuoco nel villaggio di Korenevo, lasciando al buio dieci località. Un ulteriore incendio si è sviluppato anche nella vicina regione di Voronezh, in un impianto di riscaldamento.

Guerra ai nodi vitali dell’inverno

Il bombardamento delle centrali avviene nel momento in cui la Russia accelera i propri attacchi sulla linea del fronte. Secondo lo Stato maggiore ucraino, nelle ultime 24 ore le forze russe hanno condotto 196 scontri armati e lanciato 41 missili, 54 raid aerei e oltre 5.200 droni kamikaze. Il settore più caldo resta quello di Pokrovsk, dove Kiev sostiene di aver respinto 73 assalti russi in un solo giorno.

L’obiettivo dichiarato di Mosca è logorare il sistema di difesa ucraino, mentre Kiev punta a colpire la profondità strategica russa, dal carburante alle linee elettriche, in un braccio di ferro che punta a mettere al freddo l’avversario con l’arrivo dell’inverno. La guerra dell’energia è ormai parte integrante del conflitto: una partita di nervi e infrastrutture, più silenziosa delle battaglie di terra ma altrettanto decisiva.

Lavrov alza il livello dello scontro diplomatico

A rendere il quadro ancora più teso è il fronte politico. In un’intervista a Ria Novosti, Lavrov ha attaccato Bruxelles sull’ipotesi – ormai avanzata in sede Ue – di utilizzare i beni russi congelati per sostenere finanziariamente Kiev. Una linea che Stati Uniti e alcuni Paesi europei vogliono rendere operativa entro l’inizio del 2026, ma che Mosca definisce un “furto legalizzato”.

Lavrov ha parlato di “rapina con il timbro della legalità”, avvertendo che la Russia “risponderà con misure dure e simmetriche”. Il Cremlino considera quella decisione non solo un atto ostile, ma un precedente internazionale pericoloso, capace di riscrivere le regole della finanza globale.

L’Europa, nel frattempo, valuta un fondo da almeno 50 miliardi di euro garantito dagli interessi maturati sugli asset sovrani russi congelati. A Kiev è ossigeno strategico. A Mosca è motivo di guerra diplomatica.

Una guerra che non arretra, ma cambia forma. L’episodio delle centrali colpite dimostra che il conflitto non è più confinato alla linea del Donbass. Si allarga, si trasforma, cerca leve alternative: energia, logistica, industrie militari, pressione economica. La guerra del 2025 è un mosaico di fronti visibili e invisibili, combattuta con droni, sanzioni, attacchi mirati e diplomazia armata.

E mentre sul terreno si continua a morire, nella diplomazia si continua a congelare: beni, negoziati, tregue. Solo una cosa, per ora, si muove senza sosta: l’escalation.

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