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Israele, la Knesset dice sì alla pena di morte per i terroristi. Primo passo verso una legge storica

Pubblicato: 10/11/2025 23:42

Il dibattito politico e sociale in Israele ha raggiunto un punto di particolare tensione con l’approvazione in prima lettura da parte della Knesset, il Parlamento israeliano, di una controversa proposta di legge: l’introduzione della pena di morte per i terroristi responsabili dell’uccisione di cittadini israeliani. Questo voto non rappresenta l’approvazione definitiva della norma, ma segna il primo passo di un processo legislativo che richiede in totale tre votazioni per la sua completa adozione.

La mossa, fortemente voluta e promossa dalle fazioni di ultradestra all’interno della coalizione di governo, ha suscitato reazioni immediate e polarizzate sia a livello nazionale che internazionale. Il ministro dell’ultradestra Itamar Ben Gvir, uno dei principali sostenitori della legge, ha espresso il suo entusiasmo per l’esito della votazione attraverso un messaggio pubblicato sulla piattaforma X, dichiarando con enfasi: “Siamo sulla buona strada per fare la storia. Lo abbiamo promesso e lo abbiamo mantenuto“. Queste parole sottolineano non solo l’importanza politica attribuita al provvedimento dai suoi promotori, ma anche la sua natura di impegno elettorale mantenuto, rivolto a una base di elettori che chiede misure di sicurezza e deterrenza più severe.

Il percorso legislativo e le sue implicazioni

Il cammino di una proposta di legge attraverso la Knesset è un processo meticoloso e multi-stadio. Dopo l’approvazione in prima lettura, la proposta dovrà affrontare ulteriori dibattiti e modifiche all’interno delle commissioni parlamentari competenti, prima di tornare nell’aula plenaria per la seconda e la terza lettura. Solo l’approvazione in terza e ultima lettura sancirà l’ingresso della norma nel corpus legislativo dello Stato di Israele. La rapida progressione di questa proposta di legge, supportata dalla maggioranza governativa, evidenzia la determinazione politica nel voler superare le obiezioni legali e morali che storicamente hanno circondato la questione della pena di morte in Israele. Attualmente, sebbene teoricamente prevista per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, l’applicazione della pena capitale è estremamente rara. L’ultima esecuzione avvenne nel 1962 nei confronti del criminale nazista Adolf Eichmann. L’approvazione di questa legge rappresenterebbe dunque un cambiamento significativo nella politica penale israeliana, introducendo la possibilità di applicare la massima sanzione per atti di terrorismo che risultano fatali per cittadini dello Stato.

La retorica della deterrenza e della giustizia

I sostenitori della proposta di legge, in primis il ministro Ben Gvir e i membri della sua fazione politica, inquadrano la misura come un imperativo morale e una necessità di sicurezza. L’argomentazione centrale è che la pena di morte fungerebbe da deterrente assoluto contro gli atti di terrorismo, scoraggiando potenziali aggressori e offrendo una risposta di giustizia percepita come più proporzionata alla gravità inaudita dei crimini commessi. Per le famiglie delle vittime del terrorismo, la legge è vista come un modo per negare ai terroristi la possibilità di essere rilasciati in futuri scambi di prigionieri, una pratica che ha suscitato forti polemiche in passato. La retorica impiegata dai promotori è netta e incisiva, focalizzata sul concetto di fermezza contro un nemico percepito come esistenziale. La promessa di “fare la storia” non è solo politica, ma si carica di un significato emotivo profondo, rispecchiando il desiderio di una parte significativa della popolazione di adottare misure estreme in risposta a una minaccia estrema alla sicurezza nazionale.

Le voci critiche e le preoccupazioni internazionali

Nonostante l’entusiasmo della maggioranza, la proposta di legge è stata accolta con ferma opposizione da parte di ampi settori della società civile israeliana, dei partiti di opposizione e di diverse organizzazioni per i diritti umani. Le critiche si concentrano su diversi aspetti. In primo luogo, l’efficacia della pena di morte come deterrente è ampiamente contestata da studi criminologici a livello globale. Molti esperti sostengono che la prospettiva del martirio per i terroristi potrebbe, al contrario, aumentare l’attrattiva o il valore simbolico dell’atto terroristico stesso. In secondo luogo, sussiste la preoccupazione etica fondamentale legata alla possibilità di errore giudiziario. Sebbene il crimine di terrorismo sia spesso documentato, l’introduzione della pena capitale solleva il rischio irreversibile di eseguire una condanna ingiusta. Infine, a livello internazionale, l’approvazione di questa legge potrebbe danneggiare l’immagine di Israele e complicare i suoi rapporti con i paesi che hanno abolito la pena di morte e che la considerano una violazione dei diritti umani fondamentali. Le pressioni diplomatiche e le condanne internazionali potrebbero aumentare in modo significativo se la proposta dovesse superare le successive letture alla Knesset, aggiungendo un ulteriore strato di complessità al già difficile contesto geopolitico della regione.

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