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Caso Orlandi, scavi sotto la Casa del Jazz: “Lì potrebbe esserci Emanuela”

Pubblicato: 13/11/2025 16:58

La Casa del Jazz, situata in via Cristoforo Colombo a Roma, è tornata prepotentemente al centro delle cronache, non per la musica che ospita, ma per le indagini e gli scavi che stanno avendo luogo nel suo sottosuolo. L’immobile, un tempo confiscato a Enrico Nicoletti, noto come il cassiere della Banda della Magliana, è da tempo circondato da un alone di mistero legato alla criminalità organizzata romana degli ultimi decenni del Novecento.

Dopo ventinove anni di segnalazioni rimaste inascoltate, in particolare quelle dell’ex giudice Guglielmo Muntoni, si è finalmente deciso di procedere con le operazioni di scavo nelle gallerie e nei cunicoli che si estendono sotto l’edificio. L’ipotesi immediata che ha innescato questi lavori è la possibile presenza del corpo di Paolo Adinolfi, scomparso nel 1994, ma gli investigatori ritengono più concreta l’eventualità che questi spazi sotterranei potessero essere utilizzati dalla Banda della Magliana come un covo per nascondere materiali sensibili, come documenti, armi ed esplosivi. Tuttavia, come spesso accade quando si toccano i nodi irrisolti della storia criminale romana, l’attenzione si è subito spostata su un altro, ben più tragico, cold case: quello di Emanuela Orlandi.

Il collegamento inquietante con Emanuela Orlandi

Il nome di Emanuela Orlandi, la quindicenne scomparsa dal Vaticano nel 1983, è tornato a intrecciarsi in modo suggestivo e inquietante con il luogo degli scavi. A riportare questa connessione è stato Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che in una dichiarazione all’agenzia LaPresse ha rivelato un dettaglio significativo del passato. “Tempo fa un magistrato mi disse che secondo alcune sue ricerche il corpo di mia sorella si sarebbe potuto trovare lì”, ha affermato Pietro, aggiungendo che il magistrato ne era “abbastanza convinto”. Questa rivelazione ha fatto riaffiorare la memoria nel momento in cui è stata diffusa la notizia del ritrovamento alla Casa del Jazz, spingendo Pietro a ricollegare immediatamente i due elementi. Questa circostanza riaccende la speranza, o forse il timore, di trovare una traccia significativa del destino di Emanuela proprio in un luogo storicamente legato alla malavita capitolina.

Le valutazioni dell’avvocata Laura Sgrò

Interpellata in merito, l’avvocata Laura Sgrò, che assiste la famiglia Orlandi, ha confermato la dichiarazione di Pietro, chiarendo però il contesto. “È vero: gli fu nominata la Casa del Jazz”, ha spiegato l’avvocata, ma ha subito ridimensionato l’importanza del riferimento, specificando che tale luogo fu menzionato “insieme a mille altri luoghi in cui sarebbe sepolta la sorella”. Per l’avvocata Sgrò, dunque, l’ipotesi di un collegamento diretto tra la Casa del Jazz e la scomparsa di Emanuela si colloca al momento nell’ambito delle suggestioni.

Tuttavia, Sgrò ha anche sottolineato l’importanza e la necessità degli approfondimenti in relazione alla scomparsa di Paolo Adinolfi, riconoscendo che la sua famiglia attende verità e giustizia da ben trentuno anni. Riguardo al caso di Emanuela Orlandi, l’avvocata ha aggiunto che, sebbene ci si muova nel campo delle speculazioni, “ogni riferimento a Emanuela è quantomeno suggestivo”. Ha poi rimarcato che alcuni elementi emersi durante la seconda inchiesta sulla sparizione della ragazza hanno una certa familiarità con il luogo in cui si stanno svolgendo gli scavi, suggerendo che, a suo avviso, si sarebbe dovuto approfondire di più già da tempo questo scenario.

Il ruolo storico della Casa del Jazz come potenziale covo

Il passato dell’immobile è un elemento chiave in tutta questa vicenda. L’ipotesi che la Casa del Jazz possa essere stata in passato uno dei covi della Banda della Magliana non è considerata azzardata dalle forze dell’ordine e dagli inquirenti. L’edificio, prima di essere confiscato e trasformato in un centro culturale, era riconducibile a Enrico Nicoletti, figura centrale e di alto livello finanziario all’interno della Banda. Per gli investigatori, la struttura fungeva da vero e proprio centro adoperato dalla malavita romana negli ultimi decenni del Novecento. La presenza di diverse gallerie e cunicoli sotto l’immobile aggiunge credibilità all’ipotesi che potesse fungere da nascondiglio o deposito. Questa conformazione sotterranea ha un che di sinistro e richiama alla mente altri ritrovamenti recenti, come quello avvenuto nello scorso agosto: i sotterranei che da via Alessandro Pignatelli conducono all’ospedale San Camillo, dove vennero ritrovate delle ossa che si rivelarono appartenere a un uomo adulto non ancora identificato.

Le incertezze sui nascondigli della banda

La Banda della Magliana, come tutte le organizzazioni criminali di quel calibro, era circondata da una miriade di voci e leggende metropolitane sui luoghi che utilizzava per i suoi affari o per nascondere i suoi segreti. Lo stesso Pietro Orlandi ha ricordato la scorsa estate come le ipotesi sui covi fossero molteplici e spesso non verificate: “C’era chi diceva che veniva utilizzata la roulotte di Franco Giuseppucci al Gianicolo, chi le tombe del Verano o la Basilica di Sant’Apollinare”. Mentre alcune di queste segnalazioni si sono rivelate infondate, in altri casi si trattava di luoghi che verosimilmente avrebbero potuto essere usati come nascondigli. La Casa del Jazz si inserisce in questo secondo scenario, un luogo la cui connessione storica con il cassiere della Banda Nicoletti gli conferisce una rilevanza particolare. Gli scavi attuali rappresentano un tentativo concreto di separare la realtà storica dalle mere suggestioni e di far luce su un pezzo di storia criminale romana che potrebbe, inaspettatamente, portare a una svolta in uno dei misteri più grandi della storia italiana.

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