Vai al contenuto

“Meglio pirla che putiniano!”. Calenda infuriato col famoso giornalista: quella vignetta proprio non gli va giù

Pubblicato: 13/11/2025 08:54

È bastata una vignetta pubblicata sul Fatto Quotidiano per accendere una nuova polemica politica e mediatica. L’episodio ha avuto come protagonisti il leader di Azione, Carlo Calenda, e il direttore del giornale, Marco Travaglio. Tutto è iniziato da un disegno satirico firmato da Riccardo Mannelli, apparso nella sezione delle vignette del quotidiano, accompagnato da una frase provocatoria: “In un mondo buono a certi individui per proteggerli da se stessi e dagli altri si tatuerebbe in fronte una grande P di pirla (e tutti capirebbero)”.
Leggi anche: Torre dei Conti, Calenda infuriato con Zakharova dopo il suo post: “È feccia”
Leggi anche: Mediaset, “retequattrismo” in crisi di ascolti, i numeri parlano chiaro: calano Porro, Berlinguer, Labate, Del Debbio e Giordano. Si salva solo Nuzzi

Calenda non ha lasciato cadere il colpo e ha scelto di rispondere con ironia ma anche con fermezza, pubblicando su X (ex Twitter) un messaggio indirizzato a Travaglio: “Caro @marcotravaglio, sempre apprezzando la signorilità del giornale che dirigi, ti rispondo affettuosamente: meglio pirla che putiniano”.

La vignetta di Mannelli e la scintilla della polemica

Il disegno di Mannelli, noto per la sua satira corrosiva e senza compromessi, ha preso di mira il politico romano, ritraendolo con un riferimento diretto alla lettera “P” e a quella definizione – “pirla” – che nel linguaggio comune suona come un insulto ironico, ma pesante. La frase che accompagna la vignetta non lascia dubbi sull’intento satirico: individuare in Calenda un simbolo di ingenuità o vanità politica.

Non è la prima volta che il Fatto Quotidiano dedica all’ex ministro dello Sviluppo Economico una caricatura pungente. Tuttavia, questa volta la replica di Calenda ha trasformato la vignetta in un caso politico, portando la discussione oltre i confini della satira. Il riferimento alla “P di pirla” si è trasformato rapidamente in un dibattito virale sui social, dove migliaia di utenti si sono divisi tra chi difende la libertà di espressione e chi denuncia una forma di aggressione personale.

La risposta di Calenda e il riferimento a Putin

Con la frase “Meglio pirla che putiniano”, Carlo Calenda ha colpito al cuore uno dei punti più sensibili del giornale diretto da Travaglio: l’accusa, più volte avanzata da diversi ambienti politici, di un presunto atteggiamento ambiguo del Fatto nei confronti della Russia di Vladimir Putin.

Il leader di Azione, da tempo schierato su posizioni fortemente atlantiste ed europeiste, ha voluto sottolineare la differenza tra il suo orientamento politico e quello che, a suo giudizio, traspare dalle posizioni editoriali del quotidiano. La battuta, ironica ma tagliente, è diventata in poche ore uno degli argomenti più discussi della giornata su X, generando un’ondata di reazioni e commenti anche dal mondo politico.

Le reazioni sui social e nel mondo politico

La risposta di Calenda ha diviso l’opinione pubblica. I suoi sostenitori hanno applaudito la prontezza e l’ironia della replica, lodandone la capacità di ribaltare l’offesa con una battuta elegante e incisiva. Altri, invece, hanno criticato il tono provocatorio del tweet, accusando il leader di alimentare una polemica inutile e di cadere nello stesso gioco della satira aggressiva.

Sui social, la frase “Meglio pirla che putiniano” è diventata rapidamente un hashtag virale, usato da esponenti politici, giornalisti e utenti comuni per commentare il rapporto tra satira, giornalismo e politica. Alcuni utenti hanno ricordato che la vignetta è un genere tradizionalmente irriverente e che la libertà di critica, anche aspra, fa parte del pluralismo democratico. Altri hanno invece sottolineato che la satira non può diventare insulto gratuito, soprattutto quando si tratta di figure pubbliche.

Il rapporto teso tra Calenda e il Fatto Quotidiano

Il duello verbale tra Carlo Calenda e il Fatto Quotidiano non nasce oggi. Già in passato il leader di Azione aveva criticato il giornale e il suo direttore, accusandoli di fare un uso “strumentale” della satira e di adottare toni ostili verso chi si colloca fuori dal perimetro politico del Movimento 5 Stelle o della sinistra populista.

D’altra parte, Marco Travaglio non ha mai risparmiato critiche a Calenda, spesso descritto nelle sue colonne come un politico ambizioso ma privo di radicamento popolare. La vignetta di Mannelli si inserisce in questa dialettica di lunga data, dove la satira diventa un linguaggio parallelo del confronto politico.

Satira, giornalismo e limiti del linguaggio politico

La vicenda solleva un tema più ampio sul rapporto tra satira e rispetto personale, soprattutto in un’epoca in cui le parole pubbliche viaggiano con la velocità dei social. L’ironia può essere un’arma potente, ma rischia di trasformarsi in attacco quando colpisce non le idee, ma le persone.

Calenda, con la sua risposta, ha scelto di spostare il terreno della discussione dalla caricatura al confronto politico, evocando il tema della posizione internazionale dell’Italia e del rapporto con la Russia. Un modo per ribadire la propria identità politica e per rispondere col sarcasmo alla provocazione.

Il caso, tuttavia, riaccende una domanda ricorrente nel panorama mediatico: fino a che punto la satira può spingersi senza superare il confine della denigrazione? E quanto la politica deve accettare, o rispondere, a questo linguaggio?

Nel frattempo, la frase di Carlo Calenda, “Meglio pirla che putiniano”, resta impressa nel dibattito pubblico come un colpo di fioretto in un duello che va ben oltre una vignetta.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2025 09:18

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure