
La tragica e prematura scomparsa del piccolo Leonardo Ricci, avvenuta all’età di soli due anni in un asilo nido nell’Aretino, ha sollevato un’inquietante questione in merito alla sicurezza nell’abbigliamento infantile e al rispetto delle normative europee vigenti. Il bambino sarebbe morto soffocato dal cordino della sua felpa mentre giocava nel cortile dell’asilo, un evento che, secondo la legislazione comunitaria, non avrebbe mai dovuto verificarsi.
La vicenda ha acceso i riflettori su una normativa dell’Unione Europea in vigore da tempo, che vieta categoricamente la produzione di capi per bambini con lacci potenzialmente letali nell’area del capo e del collo. Questa regola fondamentale di sicurezza è stata esplicitata da Barbara Bertocci, co-fondatrice e direttrice creativa di Monnalisa, colosso della moda per l’infanzia. Bertocci ha sottolineato che un’azienda che non si attiene a queste disposizioni è soggetta a sanzioni. Attualmente, per il decesso del piccolo Leonardo, sono indagate cinque persone, inclusa una maestra dell’asilo Ambarabà Ciccì Cocò di Soci, in provincia di Arezzo.
La normativa europea: dalle prime disposizioni del 2007 all’aggiornamento del 2014
Le normative di riferimento che regolano la sicurezza degli indumenti per l’infanzia sono in vigore da molto tempo, con la direttrice creativa di Monnalisa che ha stimato un periodo di almeno dieci anni. L’origine di queste disposizioni risale addirittura al 2007, anno in cui la Commissione europea ha stabilito i primi parametri di sicurezza attraverso la norma EN 14682. Questa norma, in quanto European Normalisation (EN), possiede carattere di obbligatorietà e deve essere recepita da tutti i Paesi membri dell’Unione europea per garantire uno standard uniforme di protezione. Il testo iniziale del 2007 stabiliva un divieto preciso per i bambini appartenenti alla fascia d’età da 0 a 7 anni, o comunque con una statura inferiore ai 134 centimetri. Per questa categoria, era vietato l’uso di “laccetti, corde funzionali o corde decorative nei cappucci e nella zona del collo”. Per i bambini più grandi, ovvero quelli compresi tra i 7 e i 14 anni, i laccetti erano ammessi, ma solo se in “forma circolare, ad anello senza le estremità libere”, e a patto che rispettassero ulteriori e specifici parametri di sicurezza. Questo dimostra la consapevolezza precoce del rischio di strozzamento e impigliamento associato ai lacci.
L’evoluzione del regolamento e il divieto di lacci pericolosi
Sette anni dopo la sua introduzione, la normativa è stata aggiornata e perfezionata con la pubblicazione della EN 14682:2014. In questa revisione, la Commissione europea ha voluto aggiungere una serie di specifiche più dettagliate, rendendo il quadro normativo ancora più preciso in materia di sicurezza. L’aggiornamento ha introdotto, per i bambini più piccoli, una limitata ammissione di lacci, ma solo a condizione che questi non sporgano di oltre 7 centimetri dal tessuto dell’indumento. Contemporaneamente, è stato ribadito il divieto per qualunque capo di abbigliamento che presenti frange decorative nella delicata area compresa dal collo in su. Barbara Bertocci ha rimarcato la gravità del problema, spiegando che il “rischio di strozzamento o impigliamento è elevato” in presenza di tali elementi. Nonostante la chiarezza e la precisione della norma, il piccolo Leonardo indossava proprio una felpa con lacci sotto al cappuccio il giorno della sua morte, il 12 novembre, sollevando interrogativi sulla provenienza e la conformità del capo.
Le ipotesi sulla non conformità: capi vecchi o produttori non controllati
La permanenza sul mercato di un capo d’abbigliamento con lacci pericolosi, nonostante le regole stringenti, può dipendere da diversi fattori, come ha suggerito la direttrice creativa di Monnalisa. La prima ipotesi riguarda i capi molto vecchi, potenzialmente vintage o dismessi e riciclati, che sono stati prodotti prima o al di fuori dell’influenza della normativa EN 14682. Tuttavia, la spiegazione più frequente è che tali indumenti siano stati “prodotti da piccole realtà produttive” o da aziende che non applicano lo stesso sistema rigoroso di controllo e certificazione dei grandi marchi. Questo scenario suggerisce che, pur essendo la norma estremamente precisa e obbligatoria a livello comunitario, esistono ancora lacune nei meccanismi di vigilanza o una volontaria elusione da parte di alcuni produttori minori. La tragedia di Leonardo Ricci mette in luce la necessità vitale di una maggiore attenzione da parte dei consumatori e di un rafforzamento dei controlli affinché le norme di sicurezza, pensate per proteggere i più vulnerabili, vengano sempre e ovunque rispettate.


