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Giovanni ucciso dalla madre, quando disse: “Ho paura, la mamma mi stava strozzando”

Pubblicato: 15/11/2025 08:20

Il tragico epilogo della storia di Giovanni, il bambino di nove anni brutalmente ucciso dalla madre Olena Stasiuk a Muggia (Trieste), è stato, secondo l’avvocato del padre, una tragedia ampiamente preannunciata e, nei suoi snodi cruciali, sottovalutata dalle autorità. L’omicidio, avvenuto mercoledì sera per mano della 55enne ucraina, ha portato alla luce un dossier di otto anni di denunce, relazioni e allarmi inascoltati che documentano la crescente pericolosità della donna e il terrore espresso dal piccolo Giovanni, le cui parole di paura erano state messe a verbale.

Le denunce e le parole di Giovanni

Le otto cartelle custodite dall’avvocata Gigliola Bridda, che ha assistito il padre di Giovanni, Paolo Trame, fino allo scorso maggio, contengono circa 5.000 fogli di verbali giudiziari, denunce, sentenze e pareri di assistenti sociali e dirigenti del Centro di Salute Mentale (Csm). Già nel giugno 2023, di fronte ai carabinieri giunti a casa del padre per l’ennesima lite con l’ex moglie, Giovanni aveva espresso con chiarezza la sua paura. “Sono triste, quando vado dalla mamma…”, aveva detto, spiegando: “Ho paura“. E alla domanda su cosa la madre gli avesse fatto, aveva risposto, mimando il gesto: “Mi stava strozzando“, precisando che la mamma lo aveva preso “per il collo, stringendolo con entrambe le mani”. Queste frasi, inequivocabili, facevano parte delle denunce per maltrattamenti e lesioni presentate dalla difesa del padre.

La sottovalutazione del rischio

Nonostante l’enorme mole di documentazione che raccontava il conflitto tra gli ex coniugi e la fragilità mentale di Olena Stasiuk, le decisioni prese dalle autorità giudiziarie sono finite nell’occhio del ciclone. L’avvocata Bridda ha espresso con rabbia il suo disappunto, affermando che la vicenda è stata sicuramente seguita, ma nei momenti decisivi è stata gravemente sottovalutata. L’attenzione si concentra in particolare sull’ultima decisione del tribunale civile, risalente al 13 maggio scorso, che aveva stabilito che gli incontri settimanali tra madre e figlio non dovessero più essere “protetti”, ovvero senza la presenza obbligatoria degli assistenti sociali. Proprio in occasione di un incontro “non protetto” la madre ha potuto accoltellare il figlio. Il Guardasigilli ha richiesto una relazione per fare luce sulle motivazioni che hanno portato i giudici a emettere un verdetto contro il quale Paolo Trame si era opposto “con tutte le sue forze”, urlando che Olena “è pericolosa“.

L’allarme inascoltato della madre

La pericolosità di Olena non era solo un timore del padre, ma era stata preannunciata dalla stessa donna. In un verbale risalente all’8 luglio 2018, rivolgendosi ad alcune assistenti sociali allibite, Olena Stasiuk aveva minacciato esplicitamente la tragedia: “O Giovanni resta con me, oppure sono disposta ad uccidere il bambino, a uccidermi, buttandomi nel mare. E a uccidere anche Paolo“. Questa terrificante dichiarazione di intenti si aggiungeva a una storia personale segnata da una caduta in depressione dopo la nascita di Giovanni nel 2016, sottoposta a Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso) e curata per schizofrenia. Nonostante una relazione del Csm del 2024 attestasse dei “progressi” nel suo stato, dando il via libera agli incontri non protetti, il padre continuava a lanciare l’allarme sulla sua reale condizione e sul rischio per il figlio.

Le inchieste e l’archiviazione

Attualmente sono in corso due inchieste. La prima, di natura penale, è condotta dal pm Alessandro Perogio e mira a chiarire come sia stato possibile che una donna in cura presso un Csm e seguita dai Servizi sociali abbia potuto accoltellare il figlio durante un incontro non protetto. L’altra inchiesta riguarda le decisioni della giustizia civile. Particolarmente drammatica è la vicenda relativa all’accusa di tentativo di strangolamento. La denuncia per maltrattamenti e lesioni, presentata dall’avvocato Bridda a seguito del racconto di Giovanni – che aveva raccontato come la madre lo avesse preso per il polso con forza e avesse tentato di strozzarlo sulle strisce pedonali – fu archiviato. Nonostante le lesioni fossero state refertate con tre giorni di prognosi al pronto soccorso, il pubblico ministero aveva ritenuto che le ferite potessero essere compatibili anche con “altri eventi accidentali”. Questa tesi fu accolta dal Giudice per le Indagini Preliminari (Gip), portando all’archiviazione del caso e, di fatto, ignorando il chiaro segnale di pericolo lanciato dal bambino e le prove mediche.

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Ultimo Aggiornamento: 15/11/2025 12:59

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