
Le tensioni dentro il governo esplodono proprio mentre a Palazzo Chigi arriva la segnalazione più inquietante degli ultimi mesi. I servizi avvertono che una nuova ondata di disinformazione russa sta per investire l’Italia.
Un contesto che rende ancora più delicata la gestione del possibile acquisto di armi americane tramite il programma Purl, già motivo di fratture interne. La propaganda filorussa punta a sfruttare lo scandalo sulla corruzione in Ucraina e a colpire la tenuta politica dei Paesi occidentali. E Roma teme di essere nella traiettoria.
L’allarme dei servizi e la nuova strategia russa
Secondo l’intelligence, sui social e sui canali Telegram monitorati da tempo si stanno muovendo bot filoputiniani pronti a rilanciare senza sosta le notizie sullo scandalo energetico ucraino che ha provocato le dimissioni di due ministri.
Non si tratta di fake news, ma di uno spam organizzato e finanziato per amplificare temi reali a fini politici: creare un clima ostile all’Ucraina e indebolire Zelensky. L’obiettivo è spostare umori e percezioni nelle opinioni pubbliche occidentali, in particolare quelle più esposte alle tensioni interne, come l’Italia.
Grande attenzione sull’allarme dei servizi
L’allerta è stata valutata con grande attenzione. Lo ha confermato anche il ministro della Difesa, che ha avvertito Kiev affinché la corruzione venga affrontata con decisione, proprio perché “potrebbe essere utilizzata dalla controinformazione russa per dare una lettura sbagliata” e alimentare proteste e sfiducia.
Lunedì, al Consiglio supremo di difesa convocato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il tema della guerra ibrida sarà trattato con particolare delicatezza. Ma inevitabilmente si parlerà anche del gelo improvviso sul dossier Purl.

Il governo si muove con cautela, ma la frattura politica è evidente
La linea di Giorgia Meloni è prudente. La premier vuole limitare i rischi politici: l’Italia continua a lavorare al dodicesimo pacchetto di aiuti militari tramite il nuovo decreto interministeriale e a fornire generatori per la popolazione civile ucraina, ma sull’ingresso nel programma Purl preferisce rinviare. Non è il momento di aprire un fronte interno, soprattutto mentre la propaganda russa tenta di orientare il dibattito pubblico.
Meloni teme di esporsi troppo a destra, offrendo un vantaggio a Salvini, già pronto a capitalizzare ogni esitazione. Antonio Tajani, consapevole del rischio di una lacerazione nella maggioranza, evita scontri aperti con la Lega e mantiene un profilo basso.
Salvini forza la mano: tensione crescente su aiuti e Purl
A rompere l’equilibrio, però, è proprio il leader leghista. Salvini usa lo scandalo ucraino come leva politica e insiste nel dire che “si allargherà”. È pronto allo scontro con Crosetto e ribadisce il suo “no” al programma Purl. Non solo: mira a bloccare anche il rinnovo dell’invio di armi italiane a Kiev, che deve essere approvato entro fine anno e resterebbe valido per tutto il 2026. Per Meloni sarebbe un colpo politico e istituzionale, ma i collaboratori del leader del Carroccio giurano che questa volta Salvini vuole arrivare fino in fondo.
Ad aprire la strada è stata Silvia Sardone, che ha invitato il governo a “interrogarsi seriamente sui finanziamenti all’Ucraina“. E lo stesso Salvini, in privato, ha lasciato intendere che la Lega potrebbe non votare più a favore: “Vediamo cosa succede con gli scandali di corruzione in Ucraina da qui a gennaio…”.


