
La serata politica di Giorgia Meloni a Napoli si è chiusa con una scena destinata a far discutere: la premier, sul palco, saltella mentre la folla intona il coro «Chi non salta è comunista». Un rituale da stadio che ha trasformato la piazza in un’arena elettorale.
La reazione della sinistra non si è fatta attendere. Secondo diversi esponenti dem, quel coro sarebbe stato «inappropriato», sebbene molti osservino come gli stessi ambienti abbiano spesso giustificato espressioni ben più divisive come «dal fiume al mare» provenienti da settori pro-Palestina.

Tra i primi a insorgere c’è Sandro Ruotolo, che ha accusato Meloni di aver fatto a Napoli una «gita da fascistelli». Una polemica che, sui social, è montata rapidamente alimentando un clima di forte contrapposizione.
Ma l’attacco più virale arriva dal giornalista Andrea Scanzi, che sui propri profili social lancia una lunga invettiva contro la premier e contro i dirigenti del centrodestra presenti sul palco. Un affondo dai toni sarcastici e decisamente taglienti.
Scanzi deride il pubblico che canta il coro, definendolo un esempio di «grande cultura e conoscenza della storia». Poi ironizza sulle movenze di Maurizio Lupi, che a suo dire avrebbe tentato di ballare salvo arrendersi «alla terza ernia di fila».
L’affondo tocca anche Antonio Tajani, che Scanzi si limita a citare aggiungendo «su di lui ho già dato ieri». Ma è la premier a diventare il bersaglio principale, descritta mentre si muove «tipo Funiculì Funiculà» tra gesti improvvisati e un entusiasmo giudicato artificiale.

Nella sua analisi, Scanzi sostiene che chi non apprezza Meloni vedrà in quella scena «ignoranza, imbarazzo e mestizia». Una lettura che punta a evidenziare, secondo lui, la distanza culturale tra l’elettorato progressista e quello di centrodestra.
Il giornalista aggiunge che, al contrario, quegli stessi comportamenti rendono la premier ancora più simpatica e «popolana» agli occhi dei suoi sostenitori, rafforzandone l’immagine di underdog e quindi la sua capacità di consenso.
La conclusione è amara: «Più fa la caciottara e più guadagna consenso», afferma Scanzi, paragonando il fenomeno a quanto accadeva ai tempi di Silvio Berlusconi. Una polemica che segna l’ennesimo scontro verbale della campagna elettorale, senza bisogno di ulteriori commenti.


