
Stando a come riportano fonti della polizia, le gemelle Kessler avrebbero deciso di ricorrere al suicidio assistito. Il tema del suicidio assistito rappresenta una delle questioni etiche e legali più dibattute nel panorama italiano, con una svolta significativa avvenuta a seguito della storica sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale. Questa pronuncia ha di fatto aperto la strada alla possibilità, sebbene rigorosamente regolamentata, di accedere a questa pratica nel nostro Paese. È fondamentale comprendere che, pur essendo possibile, il suicidio medicalmente assistito in Italia si distingue nettamente da altre forme di fine vita, in particolare dall’eutanasia, a causa del ruolo specifico del medico e dell’atto finale.
Il punto cruciale della normativa italiana è che il medico può fornire i mezzi, ovvero il farmaco letale, ma non può essere l’esecutore materiale dell’azione. L’onere e l’atto finale dell’autosomministrazione del farmaco ricadono esclusivamente sul richiedente. Questa differenza è l’elemento chiave che permette di depenalizzare la condotta di aiuto in determinate circostanze. L’obiettivo è permettere a una persona in condizioni di sofferenza intollerabile di porre fine alla propria vita, mantenendo però il principio di autodeterminazione fino all’ultimo momento, con l’atto compiuto in prima persona.
I requisiti fondamentali per l’accesso
Per poter accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia, la persona che ne fa richiesta deve rispettare quattro requisiti imprescindibili, stabiliti dalla Corte Costituzionale. La verifica di tali condizioni è un processo che deve essere gestito con la massima cautela e serietà istituzionale.
In primo luogo, la persona deve essere affetta da una patologia irreversibile. Questa condizione non è sufficiente da sola: la patologia deve anche essere causa di forti sofferenze fisiche o psichiche che la persona giudica intollerabili. Il concetto di “intollerabile” è soggettivo, ma deve essere attentamente valutato dalla commissione di verifica.
Il secondo requisito stabilisce che il richiedente deve essere mantenuto in vita attraverso trattamenti di sostegno vitale. Questo vincolo restringe il campo di applicazione, focalizzandolo sui casi in cui la sopravvivenza stessa dipende da specifiche terapie o macchinari.
Il terzo punto richiede che la persona sia pienamente capace di intendere e di volere. Questa è una condizione non negoziabile, poiché la scelta di porre fine alla propria vita deve essere assunta con lucidità e consapevolezza totale riguardo alla propria condizione di salute e alle conseguenze della decisione.
Infine, la scelta deve essere libera, ovvero non influenzata da pressioni esterne o coercizioni. Questi quattro criteri delineano un perimetro molto stretto, garantendo che l’accesso al suicidio assistito sia limitato a situazioni di estrema e inequivocabile necessità.
L’iter di verifica e la commissione multidisciplinare
L’applicazione pratica di questi requisiti non è lasciata alla discrezionalità di un singolo medico. L’iter previsto è lungo e complesso, richiedendo l’intervento di una commissione multidisciplinare operante all’interno di una struttura pubblica del Sistema Sanitario Nazionale.
Questa commissione ha il compito di verificare scrupolosamente sia la sussistenza delle condizioni cliniche (patologia irreversibile e sofferenza intollerabile) sia la capacità di intendere e di volere del paziente. Oltre a ciò, la commissione deve assicurarsi che il paziente sia stato adeguatamente informato su tutti gli aspetti della sua situazione di salute, comprese le possibili alternative al suicidio assistito.
Tra le alternative che devono essere illustrate e discusse con il paziente, spiccano in particolare la sedazione profonda continua e l’accesso alle cure palliative. È fondamentale che la persona sia a conoscenza di ogni opzione disponibile per alleviare la sofferenza prima di compiere una scelta definitiva.
A conclusione di questo complesso processo di verifica, è previsto un passaggio ulteriore e cruciale: l’ottenimento del parere obbligatorio, sebbene non vincolante, da parte del comitato etico territorialmente competente. Questo parere aggiunge un ulteriore livello di garanzia e riflessione etica sulla procedura.
Il caso Cappato e dj Fabo: la svolta giudiziaria
L’apertura al suicidio medicalmente assistito in Italia non è avvenuta per via legislativa, ma è stata la diretta conseguenza di un evento giudiziario di grande risonanza mediatica e sociale: il caso di Marco Cappato e Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo.
Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico a seguito di un incidente stradale, aveva espresso la ferma volontà di porre fine alla sua vita, ma si trovò impossibilitato a farlo in Italia a causa della normativa vigente. Marco Cappato, esponente dell’Associazione Luca Coscioni, lo aiutò a raggiungere la Svizzera per accedere alla procedura. Successivamente, Cappato si autodenunciò in Italia, venendo imputato per il reato di istigazione o aiuto al suicidio.
Fu in questo contesto che la Corte d’Assise di Milano sollevò una questione di legittimità costituzionale sul reato di aiuto al suicidio. La conseguente sentenza della Corte Costituzionale, la 242/2019, non ha depenalizzato il reato in toto, ma ha stabilito l’incostituzionalità dell’articolo del Codice Penale nella parte in cui punisce chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, se il fatto è commesso in presenza delle condizioni sopra elencate. Questa sentenza rappresenta una delle vittorie più significative dell’Associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione sul fine vita.
Le differenze fondamentali con l’eutanasia
È essenziale marcare la differenza cruciale tra il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia, in quanto quest’ultima rimane considerata reato in Italia. L’eutanasia, sia attiva che passiva, rientra nelle ipotesi di reato previste dal Codice Penale agli articoli n.579 (Omicidio del consenziente) e n.580 (Istigazione o aiuto al suicidio) ed è punita con la reclusione da 5 a 12 anni.
La distinzione fondamentale risiede nell’attore che compie l’azione finale:
- Suicidio medicalmente assistito: L’atto di autosomministrazione del farmaco letale è compiuto dal paziente stesso. Il medico fornisce solo il mezzo e le informazioni necessarie.
- Eutanasia: L’intervento che causa la morte è compiuto direttamente dal medico o da un terzo. In Italia, questo è considerato omicidio (sebbene del consenziente) ed è severamente proibito.
Questa differenza è il discrimine legale che, in Italia, separa una condotta consentita (seppur a condizioni strettissime) da una che è ancora penalmente sanzionabile. La persistenza di un iter lungo e complesso in Italia, e l’impossibilità di rispettare tutti i requisiti, spesso spinge chi desidera porre fine alle proprie sofferenze a rivolgersi a cliniche all’estero, in particolare in Svizzera, dove la legislazione è molto più permissiva e non si incorre nei reati previsti dalla legge italiana.
I paesi europei dove è possibile ricorrere al fine vita assistito
A livello europeo, la situazione legislativa sul fine vita è variegata e in continua evoluzione, con diversi paesi che hanno legalizzato sia l’eutanasia che l’assistenza al suicidio, spesso con criteri e protocolli specifici.
I Paesi Bassi sono stati pionieri, legalizzando sia l’eutanasia che l’assistenza al suicidio il 1° aprile 2002. Anche qui, sono previsti criteri rigorosi, come la volontarietà della richiesta, la sofferenza ritenuta insopportabile e non migliorabile, e la consultazione di un secondo medico. Dal 2024, l’accesso è stato esteso anche ai minori di 12 anni in determinate condizioni.
Il Belgio ha seguito a ruota, depenalizzando entrambe le pratiche nel maggio 2002, con condizioni simili e l’estensione ai minori dal 2014. In Lussemburgo, l’eutanasia e il suicidio assistito sono stati legalizzati nel 2009.
Più recentemente, altri paesi si sono mossi:
- In Spagna, la Ley Orgánica de regulación de la eutanasia è entrata in vigore nel marzo 2021, regolamentando entrambe le forme con un processo rigoroso e l’approvazione di una maggioranza parlamentare ampia.
- Il Portogallo ha approvato una legge nel 2023, dopo aver superato un veto presidenziale. In questo caso, l’eutanasia è vista come sussidiaria al suicidio medicalmente assistito, attuabile solo se il paziente è fisicamente impossibilitato a compiere l’atto in autonomia.
- La Germania ha visto una svolta nel 2020, quando la Corte costituzionale federale ha dichiarato incostituzionale la legge che criminalizzava i servizi di suicidio assistito, in nome del diritto all’autodeterminazione sulla propria morte.
- L’Austria ha seguito un percorso simile, con una sentenza del 2022 che ha ritenuto il divieto di suicidio assistito una violazione del diritto all’autodeterminazione.
Infine, la Svizzera rappresenta un caso a sé: l’aiuto al suicidio è previsto e in gran parte tollerato dal Codice Penale sin dal 1941, ed è punibile solo se l’assistenza è fornita per motivi egoistici o personali. È per questo motivo che la Svizzera è diventata la meta principale per molti cittadini italiani che non soddisfano i rigidi requisiti della normativa nazionale.


