
Il dossier che rimbalza nelle stanze del Quirinale viene commentato sottovoce, ma l’effetto è forte: nelle sue pagine prende forma una rappresentazione nitida della Russia come «rischio» per l’Europa e come potenza pronta a servirsi di «tutti gli strumenti, da quelli informatici alla pressione economica» per minare la stabilità occidentale. Il documento descrive inoltre l’intenzione di colpire l’Italia per «destabilizzarla» «al suo interno», secondo una logica di minaccia ibrida che la Difesa ha voluto mettere nero su bianco e condividere preventivamente con Sergio Mattarella, prima dell’invio alle Camere. Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Alfredo Mantovano non si stupiscono: la questione è da mesi al centro delle preoccupazioni degli apparati nazionali di sicurezza.
Un’escalation sistemica
Secondo il dossier, l’offensiva lanciata da Mosca rispecchia un «approccio sistemico spregiudicato» che trova il suo punto di svolta nel 2024, anno in cui sarebbe stato «registrato un rafforzamento di attività ibride» in ambito «informatico», «cybernetico», «economico», «diplomatico» e «militare». Un incremento quotidiano di incursioni, alcune delle quali — sebbene non riportate nel testo — avrebbero colpito l’Italia in circa il 10% dei casi complessivi. Tra gli atti reputati più «ricorrenti» figurano «sabotaggi», «roghi dolosi» presso punti sensibili e «campagne di disinformazione» finalizzate a «minare» il dibattito democratico.

I fronti italiani nel mirino
Un capitolo centrale riguarda l’Italia, descritta come «esposta a diversi profili di rischio». I tre settori più vulnerabili sono «Energia, infrastrutture critiche ed ecosistema politico e sociale». Quest’ultimo, sottolinea il documento, può essere aggredito mediante «campagne di disinformazione» e «fake news» capaci di orientare l’opinione pubblica, come accaduto — viene ricordato — nelle elezioni presidenziali in Romania. Sul versante energetico, pur avendo rimpiazzato il petrolio russo con altre forniture, Roma resta esposta a fragilità note. Ancora più preoccupante è la lista delle infrastrutture critiche: «Porti, aeroporti, reti e sistemi di comunicazione». Gli attacchi tramite droni agli aeroporti del Nord Europa sono citati come anticipazione di possibili rischi futuri, tanto da spingere l’Italia e altri partner a valutare un “muro difensivo”, forse sotto forma di una flotta di droni militari nazionali. Si stimano duemila mezzi, per un investimento di diversi miliardi, mentre oggi l’Esercito dispone di pochi esemplari e manca soprattutto tecnologia di ultima generazione, colmabile tramite partnership come quella tra Leonardo e Baykar.
La risposta italiana
La Difesa propone infine la creazione di un’arma cyber: un centro dedicato al contrasto della guerra ibrida, popolato da esperti e hacker selezionati. Guido Crosetto vorrebbe collocarlo sotto il suo ministero, ma non è escluso che Palazzo Chigi scelga di esercitare un controllo diretto.


