
L’articolo di Paola Di Caro sulla tensione tra il governo Meloni e il Quirinale evidenzia un clima di crescente sospetto e nervosismo politico all’interno della maggioranza, in particolare Fratelli d’Italia. La vicenda ruota attorno alle presunte esternazioni di un consigliere del Capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, che avrebbero alimentato il sospetto di una sorta di “fronda” o di un ambiente ostile all’esecutivo proprio all’interno del “Colle”. Sebbene la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, abbia scelto di non apporre la sua firma diretta alla richiesta formale di smentita, inviata dal capogruppo di FdI Galeazzo Bignami al quotidiano La Verità, è innegabile che l’iniziativa fosse pienamente appoggiata e, anzi, mossa da preoccupazioni di lunga data condivise dalla premier e dai suoi fedelissimi.
Questi “strani movimenti” e “preoccupanti affermazioni” erano noti al partito da tempo, tanto da aver portato a contatti riservati tra Palazzo Chigi e il Quirinale nei giorni precedenti. L’obiettivo era esplicito: ottenere maggiore cautela da parte dei collaboratori del Presidente della Repubblica, in particolare da chi, come il consulente per la difesa, aveva il dovere istituzionale di evitare di “fare strategie o di brigare contro il governo”. La pubblicazione dell’articolo è stata vista in FdI come una “conferma” di questi timori, rendendo l’intervento istituzionale non più procrastinabile.
Il contesto dell’accusa e la reazione del governo
Il bersaglio della richiesta di smentita è stato Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare del Partito Democratico per ben tre legislature. Le sue presunte affermazioni, proferite in un contesto conviviale e che sarebbero state registrate, hanno rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso per i vertici di Fratelli d’Italia. L’ampia diffusione di queste parole, che avevano raggiunto “troppe orecchie” e, soprattutto, erano diventate “operative”, ha spinto il direttore de La Verità, Maurizio Belpietro, a procedere con la pubblicazione, forte della sicurezza delle fonti e del contenuto. A seguito di consultazioni ad altissimo livello tra la sede del partito e il governo, si è deciso per un intervento ufficiale.
È stato scelto un esponente istituzionale di peso come il capogruppo alla Camera per veicolare la richiesta di smentita direttamente a Garofani, con l’intenzione precisa di inviare un segnale politico chiaro: non era più tollerabile che figure di quel livello potessero “dire o fare tutto quello che si vuole”. L’obiettivo era che fosse Garofani stesso a ritrattare, circoscrivendo la questione al singolo esponente e non all’istituzione intera.
La nota dura del Quirinale e la delusione di Meloni
Contrariamente alle aspettative del governo, la risposta non è stata una smentita del consigliere, ma una nota ufficiale del Quirinale, dal tono estremamente duro. Questa comunicazione ha rappresentato un punto di svolta nel raffreddamento del clima, poiché non solo non ha preso le distanze dal consigliere Garofani, ma ha in qualche modo finito per “coprirlo”. Tale presa di posizione ha irritato profondamente la leader di Fratelli d’Italia. Parlando con i suoi collaboratori più stretti, Meloni ha definito il comunicato del Quirinale un “errore” strategico. La richiesta di smentita era mirata a un individuo e non all’istituzione del Quirinale in quanto tale, e il fatto che il consigliere non avesse smentito ha complicato la situazione.
La premier, tuttavia, ha tenuto a precisare di non avere “niente, ma proprio niente da imputare” direttamente al Presidente Sergio Mattarella. La sua linea di difesa per il Capo dello Stato è stata che “tutti abbiamo qualcuno che ogni tanto parla a vanvera”, un concetto che è stato immediatamente ribadito in pubblico da figure chiave come Bignami, Donzelli e Fazzolari. La sua rabbia si è invece concentrata sull’opposizione, che in un clima già teso ha chiesto un suo resoconto in Aula, con Meloni che ha liquidato la richiesta come l’atto di “tutti impazziti”.
Le ansie dello staff quirinalizio e il futuro politico
La questione ha generato un inevitabile raffreddamento del clima politico, e ciò è avvenuto ironicamente proprio il giorno dopo un importante incontro tra i vertici di governo e il Capo dello Stato, a cui aveva partecipato anche lo stesso Garofani, per discutere di politica estera. All’interno di Fratelli d’Italia, i sospetti su possibili “movimenti” attorno al Presidente rimangono concreti. Sebbene una minoranza all’interno del partito possa speculare che Mattarella desideri evitare un secondo mandato di Meloni alla guida del Paese, la maggioranza propende per l’idea che il Presidente sia motivato unicamente dal desiderio di concludere il suo mandato mantenendo un profilo di assoluta super partes. In questo contesto, l’interrogativo principale a Via della Scrofa, sede di FdI, resta il motivo di quel “comunicato avventato dello staff del Quirinale” che sembra aver coinvolto l’intera istituzione.
La risposta che i fedelissimi della premier si danno è legata a una profonda “ansia” politica. Si teme che Garofani e altri collaboratori abbiano deciso di respingere le accuse in nome di tutti per una ragione di sopravvivenza politica: una eventuale rielezione di Giorgia Meloni, accompagnata dalla successiva elezione di un Capo dello Stato di area affine alla maggioranza, metterebbe in bilico i loro destini professionali e politici. Perciò, il commento finale da parte del partito è risoluto: “Lì dentro c’è molta ansia. Ma chi oggi ha tirato in ballo l’istituzione Quirinale sono loro, non certo noi”. Questo sottolinea come, nella prospettiva di Fratelli d’Italia, la crisi sia stata innescata da coloro che, per difendere posizioni individuali, avrebbero finito per compromettere la neutralità dell’istituzione che intendevano proteggere.


