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Francesco Garofani e il presunto piano del Quirinale per fermare Giorgia Meloni: «Nessun complotto»

Pubblicato: 19/11/2025 07:47

La nuova frattura istituzionale tra Palazzo Chigi e il Quirinale nasce dalle parole di Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica, che al Corriere della Sera si dice «amareggiato» per la polemica esplosa intorno al presunto piano per far cadere Giorgia Meloni. Garofani nega qualunque intenzione e parla di «una chiacchierata in libertà tra amici», ma la premier si aspettava una smentita netta che non è arrivata.

Il caso è partito da un articolo pubblicato da La Verità, firmato con uno pseudonimo, in cui si attribuivano a Garofani frasi su un presunto «provvidenziale scossone» necessario a fermare il governo e su una «crisi finanziaria» simile a quella vissuta con Berlusconi. Parole che, finite nelle chat di Fratelli d’Italia, hanno riacceso la memoria dei contrasti tra Palazzo Chigi e il Quirinale, con l’ombra di tensioni sotterranee mai sopite.

Nelle ultime ore, in ambienti di FdI si sostiene che l’intervento in Aula di Galeazzo Bignami non sarebbe stato casuale ma parte di una strategia coordinata. Meloni, pur irritata, avrebbe chiesto ai suoi di concentrare l’attenzione su Garofani e non sul presidente Mattarella. La premier, tuttavia, considera la mancata smentita un elemento significativo, anche perché esisterebbe un presunto audio delle frasi, che il direttore Maurizio Belpietro sostiene di aver ricevuto giorni fa.

La vicenda tocca anche la storia personale e politica dei rapporti tra Mattarella e Garofani, legati da oltre trent’anni. Il loro percorso comune parte dal quotidiano Il Popolo nel 1992 e prosegue fino alla chiamata al Quirinale nel 2018. Garofani, già deputato e dirigente del Partito Democratico, si è sempre occupato di questioni istituzionali e di difesa, scrivendo saggi su Aldo Moro e collaborando con figure come David Sassoli.

Nel colloquio con il Corriere, Garofani rivela che Mattarella gli è stato «affettuosissimo» e lo ha rassicurato invitandolo a «non prendersela». Il consigliere rivendica «assoluto rispetto per le istituzioni» in tutti i ruoli ricoperti e minimizza i riferimenti ad altre figure, come Ernesto Maria Ruffini, definito «un amico». Ricorda inoltre gli anni da presidente della Commissione Difesa, sottolineando l’apprezzamento bipartisan ottenuto, oggi però lontano nel tempo.

Il Quirinale, attraverso fonti interne, parla di «stupore» per la polemica e fa sapere di aver atteso invano una telefonata della presidente del Consiglio. Dal Colle emerge il timore che Meloni stia offrendo copertura politica alla narrativa di un presunto «complotto» istituzionale, soprattutto alla luce delle frasi pronunciate da Garofani durante una cena pubblica, diventate terreno fertile per sospetti e retroscena.

Parallelamente, all’interno di Fratelli d’Italia circolano da tempo racconti su «strani movimenti» e «affermazioni preoccupanti» provenienti da ambienti vicini al Colle. Alcuni dirigenti sostengono che chi ricopre ruoli delicati, come una consulenza sulla difesa, non dovrebbe «fare strategie o brigare contro il governo», alimentando così un clima già esasperato.

Nonostante il nervosismo, oggi Meloni tenta di smorzare i toni dicendo che «tutti abbiamo qualcuno che ogni tanto parla a vanvera». Una frase che però non basta a spegnere le interpretazioni politiche, compresa quella secondo cui il presidente Mattarella non gradirebbe un eventuale bis della premier. Una lettura che, in via della Scrofa, alcuni considerano non così campata in aria.

Nel partito di Meloni c’è chi ritiene che la reazione del Quirinale e dello staff presidenziale sia frutto di timori legati a un futuro Capo dello Stato espresso dal centrodestra. «Lì dentro c’è molta ansia», dicono fonti di maggioranza, convinte che a coinvolgere l’istituzione siano stati proprio gli attori interni al Colle e non il governo. Un ulteriore elemento che alimenta un caso politico destinato a non esaurirsi in fretta.

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