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Papa Leone, primo viaggio in Italia: il Pontefice in preghiera sulla tomba di San Francesco. Messaggio commovente

Pubblicato: 20/11/2025 10:01

Una profonda e inestimabile benedizione avvolge la possibilità di essere presenti oggi, in questo venerabile e sacro luogo, la città che fu culla spirituale e materiale di San Francesco. La solennità del momento è amplificata dalla consapevolezza che ci stiamo avvicinando, con passo fermo e devoto, all’ottavo centenario della morte del Poverello d’Assisi.

Questa imminente ricorrenza non è semplicemente una data da segnare sul calendario, ma si configura come un tempo di grazia e preparazione, un’occasione provvidenziale e cruciale per l’intera comunità cristiana e per l’umanità tutta, affinché ci si possa immergere completamente e degnamente celebrare la figura di questo immenso, ma al contempo umilissimo e povero santo, proprio in un’epoca storica in cui il mondo contemporaneo è freneticamente impegnato nella ricerca, spesso affannosa e talvolta disperata, di autentici segni di speranza e di rinnovamento spirituale.

Il significato della prossimità all’ottavo centenario

L’avvicinarsi all’ottavo centenario della Pasqua di San Francesco (1226-2026) rappresenta un momento catalizzatore per la Chiesa universale. Non si tratta solamente di commemorare un evento storico lontano nel tempo, ma di rievocare e riattualizzare l’impatto rivoluzionario della sua testimonianza. Francesco d’Assisi non fu soltanto il fondatore di un ordine mendicante; fu un profeta radicale della povertà evangelica, un paladino instancabile della pace e un esempio vivente di amore per il creato. La vicinanza temporale a questa ricorrenza deve trasformarsi in una vicinanza spirituale, invitando ogni credente a riesaminare la propria vita alla luce degli ideali francescani: la fratellanza universale, la semplicità evangelica e l’abbandono fiducioso nella Provvidenza divina. La preparazione a questa celebrazione non può essere passiva, ma richiede una conversione attiva e coraggiosa dei cuori.

L’eredità di un santo umile e povero

La scelta di definire San Francesco come “grande, umile, povero santo” è altamente significativa e racchiude in sé l’essenza stessa del suo carisma. La sua grandezza non deriva da titoli terreni o da potere mondano, ma dalla totale spogliazione di sé, dalla sua capacità di assimilarsi profondamente a Cristo crocifisso, culminata nel dono straordinario delle Stimmate. La sua umiltà lo portò a riconoscersi piccolo e servo di tutti, a frequentare i lebbrosi e a rinunciare all’eredità paterna per abbracciare “Madonna Povertà”. Questa povertà, vissuta in maniera radicale e gioiosa, non fu una privazione, ma la chiave di accesso a una libertà interiore senza pari. Egli dimostrò al mondo che la vera ricchezza risiede nell’essere liberi dalle catene del possesso e nell’avere il cuore pienamente disponibile ad accogliere la volontà di Dio.

Il mondo in cerca di segni di speranza

Le parole del Pontefice si ancorano saldamente alla realtà drammatica del nostro tempo. Affermare che “il mondo cerca segni di speranza” è una lucida constatazione delle molteplici crisi che affliggono l’umanità: conflitti bellici persistenti, disuguaglianze sociali crescenti, crisi ecologica incombente e un diffuso senso di smarrimento esistenziale. In questo panorama complesso, la figura luminosa di San Francesco si erge come un faro inequivocabile. La sua vita è il segno di speranza di cui il mondo ha urgente bisogno, poiché egli ha dimostrato che è possibile un’esistenza basata sulla nonviolenza, sul dialogo interreligioso e sulla custodia amorevole del creato. Assisi, e in particolare la tomba del Santo, diventa così il punto focale da cui irradiare un messaggio di pace e di fratellanza capace di toccare e trasformare le coscienze. La sua spiritualità offre una risposta concreta e prolungata alla sete di senso che caratterizza la modernità liquida.

L’esortazione a “prepararci per celebrare” assume il tono di un vero e proprio appello spirituale. Non è sufficiente organizzare eventi solenni o conferenze accademiche; la preparazione più autentica è quella interiore. Essa implica un impegno rinnovato a vivere il Vangelo sine glossa, ovvero senza interpretazioni edulcorate o compromessi. Questo periodo di preparazione è un’opportunità per riscoprire la bellezza della semplicità, la forza della mansuetudine e il valore inestimabile dell’incontro con il prossimo, specialmente con i più emarginati e sofferenti. Solo attraverso questa profonda e sincera preparazione, la celebrazione del centenario potrà produrre frutti duraturi di rinnovamento ecclesiale e di beneficio spirituale per l’intera comunità globale, riconfermando San Francesco non solo come santo del passato, ma come guida autorevole per il cammino presente e futuro della Chiesa.

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