
I francesi devono davvero essere pronti a “perdere i propri figli”? È la domanda che, come un’onda improvvisa, ha attraversato la Francia dopo le parole del generale Fabien Mandon, capo di Stato maggiore degli eserciti, pronunciate durante il congresso dei sindaci. Parole che hanno toccato corde profonde e risvegliato paure radicate. «Quel che ci manca è la forza d’animo di essere disposti a soffrire per proteggere ciò che siamo», ha dichiarato il generale. E poi l’affondo che ha fatto esplodere la polemica: «Se il nostro Paese vacilla perché non è pronto ad accettare di perdere i propri figli… allora siamo a rischio». Un messaggio forte, arrivato proprio mentre l’Europa valuta il piano di pace americano sull’Ucraina e Macron intensifica le consultazioni con gli alleati di fronte alla strategia aggressiva della Russia.

La minaccia russa e l’allarme del generale
Nel suo discorso, il generale Mandon ha inserito quelle frasi in un ragionamento più ampio: secondo i servizi francesi, Mosca «si prepara a un conflitto con i Paesi europei intorno al 2030», convinta che «i suoi nemici esistenziali siano la Nato e l’Unione europea». Parole che hanno però assunto il peso di un monito drammatico, interpretate come una sorta di chiamata alle armi, o peggio, come l’annuncio implicito di un futuro sacrificio imposto ai cittadini.
La Francia vive da mesi in un clima di tensione crescente, con continui richiami alla “guerra ibrida” in corso: attacchi informatici, operazioni di disinformazione, pressioni militari. Ma la domanda improvvisa è ora un’altra: si sta passando dalla guerra invisibile a quella totale?
Tempesta politica: critiche da destra e da sinistra
Le reazioni non si sono fatte attendere, quasi tutte negative. Jean-Luc Mélenchon ha parlato di «totale disaccordo»: «Non spetta al generale invitare i sindaci o chiunque altro a prepararsi alla guerra senza che nessuno lo abbia deciso». Fabien Roussel, segretario del Partito comunista, ha aggiunto: «I 51 mila monumenti ai caduti nei nostri comuni non sono sufficienti? Sì alla difesa nazionale, ma no ai discorsi bellicosi intollerabili».
Dall’altra parte dello spettro politico, anche il vicepresidente del Rassemblement national, Sébastien Chenu, ha criticato Mandon: «Non ha alcuna legittimità per allarmare i francesi con dichiarazioni che non corrispondono alla linea ufficiale del Paese».
Secondo molti, quelle parole sono sembrate quasi una dichiarazione anticipata di guerra, un invito a prepararsi a lutti familiari inevitabili. In realtà, osservano fonti militari, il generale mirava a ribadire un principio di deterrenza: mostrare fermezza per evitare il conflitto.
Il governo tenta di spegnere l’incendio
A spegnere l’incendio è intervenuta la portavoce del governo, Maud Bregeon, che ha cercato di contestualizzare: «Il capo di Stato maggiore parlava dei soldati francesi dispiegati nel mondo, tra i 18 e i 27 anni. Non si può ignorare che alcuni sono caduti in missione». E ha aggiunto, con fermezza: «Bisogna essere molto chiari: i nostri figli non andranno a combattere e morire in Ucraina».
Una precisazione necessaria, ma che non cancella il dibattito esploso nel cuore della Francia su sacrificio, sicurezza e paura di un futuro che sembra avvicinarsi troppo velocemente.


