
Le parole pronunciate da Carlo Nordio e Eugenia Roccella alla Conferenza internazionale contro il femminicidio hanno immediatamente acceso il dibattito politico e pubblico. I due ministri, intervenuti a distanza di pochi minuti l’uno dall’altra, hanno offerto letture molto diverse sul fenomeno della violenza di genere, suscitando reazioni contrastanti.
A far discutere per primo è stato il Guardasigilli, che ha attribuito la persistenza della disparità tra uomini e donne a una “resistenza genetica” del maschio davanti alla parità. Una frase che ha generato stupore in sala e che ha rilanciato il tema della radice culturale e strutturale del maschilismo.

Nordio ha spiegato di essersi spesso interrogato sulle ragioni della “prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria dell’uomo sulla donna”, richiamando una lettura che ha definito “un po’ darwiniana”. Secondo il ministro, la forza fisica sarebbe stata nei primordi l’unico criterio di dominio, e da lì avrebbe preso forma una superiorità maschile tramandata nei secoli.
A suo avviso, infatti, la maggiore forza muscolare “di cui la natura ha dotato i maschietti” avrebbe fondato le basi storiche del maschilismo, un modello che la storia dell’umanità confermerebbe attraverso esempi quasi ininterrotti di potere maschile. Solo rare eccezioni, sostiene Nordio, avrebbero interrotto un dominio strutturale lungo millenni.

Questa eredità storica—aggiunge—si sarebbe “sedimentata” nella mentalità maschile, radicandosi così profondamente da risultare difficile da estirpare. Anche di fronte alla parità formale e sostanziale, oggi riconosciuta e dovuta, nel “subconscio” maschile resterebbe una resistenza, una sorta di retaggio interiore difficile da scalfire.
Per questo, ha concluso il ministro della Giustizia, servono leggi, prevenzione e repressione, ma soprattutto educazione. Un intervento culturale che paragona a un lavoro di rimozione psicologica: “dobbiamo eliminare questa sedimentazione millenaria”, ha detto, perché continua a sfociare in atti di violenza.
Di segno diverso l’intervento di Eugenia Roccella, che ha posto l’accento sul rapporto tra educazione sessuo-affettiva e contrasto ai femminicidi. La ministra ha chiarito di non voler escludere la discussione sul tema, ma ha invitato a non confondere i due piani.
Roccella ha portato l’esempio della Svezia, Paese dove l’educazione sessuale è diffusa da decenni, sostenendo che i dati non mostrano una correlazione tra tale modello educativo e un calo della violenza di genere. “La Svezia ha più violenze e più femminicidi di noi”, ha affermato, pur precisando di non voler “criminalizzare” il Paese scandinavo. Parole che hanno scatenato la rabbia di diversi utenti, che hanno invece sottolineato quanto importante sia fin da ragazzi essere educati al rispetto nel prossimo e alla totale distanza da ogni forma di violenza, soprattutto tra le mura di casa.
Secondo la ministra, dunque, l’educazione sessuale può essere discussa come tema a sé, ma non andrebbe automaticamente collegata alla riduzione dei femminicidi. “Possiamo parlarne, ma non mettiamole insieme”, ha concluso, chiudendo un intervento che ha alimentato ulteriormente il confronto sulle strategie di prevenzione della violenza contro le donne.


