
Il golden power è l’insieme dei poteri speciali del governo italiano che consentono di intervenire su operazioni societarie riguardanti asset strategici per la sicurezza nazionale. Lo Stato può vietare, condizionare o controllare acquisizioni, fusioni e cambi di controllo che coinvolgono settori sensibili come difesa, energia, telecomunicazioni, infrastrutture digitali, finanza e tecnologie avanzate.
Nel tempo, l’ambito di applicazione è stato ampliato fino a includere anche il cloud, il 5G e i semiconduttori, ambiti ad alta criticità per la sicurezza economica e tecnologica del Paese.
Come funziona il golden power
Il funzionamento si basa su un sistema di obblighi di notifica preventiva: quando un’operazione riguarda attività ritenute rilevanti, l’azienda deve comunicarla alla Presidenza del Consiglio. Dopo la notifica si apre una fase istruttoria, della durata tipica di 30-45 giorni, durante la quale il governo può: autorizzare l’operazione; autorizzarla con prescrizioni; opporsi, bloccandola. Sanzioni e interventi d’ufficio sono previsti nel caso di operazioni non notificate o realizzate in violazione delle condizioni imposte.
Fra i settori maggiormente interessati spiccano difesa, energia, reti di comunicazione, infrastrutture digitali, trasporti, finanza e tecnologie dual-use.
Esempi recenti di esercizio del golden power da parte del governo italiano
Negli ultimi anni l’Italia è stata particolarmente attiva nell’utilizzo dei poteri speciali, tanto da essere considerata uno dei Paesi UE con il regime più esteso. Tra i casi più rilevanti figura l’intervento nel cosiddetto “risiko bancario”, con il governo che ha esercitato il golden power per bloccare o condizionare l’iniziativa di UniCredit nei confronti di Banco BPM.
L’operazione, pur interna al mercato europeo, è stata valutata come potenzialmente critica per la stabilità finanziaria e la governance degli istituti coinvolti.
Perché l’Unione europea ha aperto una procedura d’infrazione
La Commissione europea ha contestato all’Italia un uso ritenuto disallineato rispetto alle regole del mercato unico, in particolare nel settore finanziario. Secondo Bruxelles, l’applicazione dei poteri speciali in ambito bancario potrebbe interferire sia con la libera circolazione dei capitali sia con la competenza esclusiva della BCE sulla vigilanza degli istituti dell’Eurozona.
La procedura d’infrazione si inserisce nel quadro normativo del Foreign Direct Investment Screening, lo strumento europeo che coordina i controlli sugli investimenti esteri. L’Italia, secondo le osservazioni della Commissione, applicherebbe criteri non pienamente compatibili con quelli previsti dal regolamento europeo. La questione riguarda soprattutto l’ambito finanziario, molto più sensibile a livello comunitario: per approfondire, si può consultare la cornice regolatoria del FDI Screening europeo.
Bruxelles ha quindi inviato una lettera di messa in mora, passo formale che apre l’iter di infrazione. L’Italia si è dichiarata disponibile a valutare modifiche normative, pur rivendicando le proprie prerogative in materia di sicurezza economica.
Un altro tema centrale riguarda il principio di tutela delle infrastrutture critiche, concetto approfondito nella documentazione UE sulla protezione di asset strategici (critical infrastructure protection), spesso citato come cornice di riferimento per bilanciare le esigenze di sicurezza e quelle del mercato unico.
Implicazioni
Se l’infrazione dovesse avanzare, l’Italia potrebbe essere obbligata a:
- rivedere la normativa nazionale;
- limitare o ridefinire l’ambito dei poteri speciali;
- affrontare eventuali richieste di risarcimento da operatori economici coinvolti.
La vicenda riapre il dibattito sul rapporto tra sovranità nazionale e integrazione economica europea: da un lato gli Stati vogliono proteggere comparti sensibili; dall’altro la Commissione vigila affinché non si trasformino in barriere che ostacolano operazioni societarie legittime nel mercato interno.


