
«Fatemi capire: i genitori che passano tutto il giorno sui social ignorando i figli vanno bene, mentre chi vive libero nei boschi no?». Con questa provocazione, lo psichiatra e saggista Paolo Crepet, intervistato dal quotidiano Il Centro, interviene sul caso della famiglia Birmingham-Trevallion, finita al centro del dibattito pubblico dopo la decisione del tribunale dei minori dell’Aquila di sospendere la potestà genitoriale.
La scelta dei giudici ha portato al trasferimento dei figli in una casa famiglia a Vasto, scatenando polemiche politiche e mediatiche. Crepet critica sia il provvedimento sia il clamore che lo circonda: «Sarebbe bello se dedicassimo la stessa attenzione rivolta alla famiglia che vive nel bosco di Palmoli anche a chi si trova in condizioni diverse, ma non necessariamente migliori».
Pur senza entrare nei dettagli della sentenza, lo psichiatra esprime «forti dubbi» sull’allontanamento dei bambini, sottolineando l’enorme impatto psicologico di una separazione: «Essere allontanati dai genitori è un trauma enorme, una ferita che rischia di restare per tutta la vita».

La famiglia Birmingham-Trevallion aveva adottato uno stile di vita alternativo: niente elettricità, istruzione parentale, immersione totale nella natura. Nella zona non è un caso unico: si stima che una trentina di famiglie seguano modelli simili. Ma la vicenda è esplosa quando sono emerse criticità legate alla presenza dei minori.
Secondo il sindaco di Palmoli, tutto è iniziato con un episodio di intossicazione da funghi, che ha attivato verifiche da parte delle autorità. Le relazioni dei servizi sociali e le audizioni successive hanno poi portato al provvedimento di allontanamento dei bambini.
Il primo cittadino spiega che lo scontro decisivo si è verificato quando i genitori si sono rifiutati di far visitare i figli dai pediatri richiesti dalle assistenti sociali. «Da qui è nato il conflitto», afferma, ricostruendo le tappe dell’intervento istituzionale.
Nell’intervista, Crepet amplia il ragionamento al tema più generale della genitorialità contemporanea, mettendo in discussione i criteri con cui viene valutata l’idoneità educativa. Non è il contesto a definire una buona famiglia, sottolinea, ma la qualità del legame affettivo.
«Non è una questione di bosco o città, ma di equilibrio», osserva lo psichiatra. «Bisogna arrivare a un compromesso, anche perché la scuola è obbligatoria e questo i genitori devono capirlo: la vita non può essere rimanere vent’anni dentro casa, per quanto sia bella la natura intorno».
Crepet invita infine a superare stereotipi e moralismi, ricordando che ciò che conta davvero è la presenza reale degli adulti nella vita dei figli: ascolto, attenzione, responsabilità. Elementi che, afferma, dovrebbero pesare più della cornice in cui una famiglia sceglie di vivere.


