
L’attivista svedese Greta Thunberg e altri trentasei attivisti appartenenti al movimento Extinction Rebellion sono stati allontanati da Venezia con un daspo urbano di 48 ore a seguito di una manifestazione non autorizzata che ha avuto luogo sabato 22 novembre 2025. L’azione dimostrativa ha visto le acque del celebre Canal Grande assumere una vistosa colorazione verde, suscitando forti reazioni e l’immediato intervento delle forze dell’ordine. La protesta, coordinata a livello nazionale, aveva l’obiettivo di denunciare le politiche definite “ecocide” del governo italiano.
Thunberg, posizionata strategicamente sul Ponte di Rialto, ha personalmente versato nel canale la sostanza responsabile della colorazione: la fluoresceina. L’azione, oltre al provvedimento di allontanamento, ha comportato per l’attivista svedese e per tutti i partecipanti una sanzione amministrativa di 150 euro. La sua presenza in Veneto non era stata casuale, poiché nei giorni precedenti aveva partecipato all’assemblea pubblica organizzata dagli studenti presso il polo Zanotti dell’Università di Verona, prima di raggiungere Venezia per unirsi alle iniziative del collettivo ambientalista.
Il contesto e le conseguenze immediate della protesta
La dimostrazione di Extinction Rebellion a Venezia, culminata con la colorazione del Canal Grande, si è svolta grazie all’azione combinata di Thunberg, che ha operato dal Ponte di Rialto, e di altri attivisti che hanno versato il colorante anche da un vaporetto in transito. L’utilizzo di coloranti per tingere i corsi d’acqua è una tattica ricorrente del movimento, spesso accompagnata da flash mob e altre forme di protesta di impatto visivo. L’intervento delle forze dell’ordine è stato celere e si è verificato immediatamente dopo lo svolgimento dell’azione dimostrativa. La polizia ha proceduto con l’identificazione di tutti i partecipanti coinvolti nell’iniziativa.
In aggiunta, è stato effettuato il sequestro di uno striscione utilizzato durante la protesta e di alcuni strumenti musicali che presumibilmente accompagnavano il raduno. Il provvedimento più significativo è stato l’emissione del daspo urbano di 48 ore, un ordine di allontanamento dal territorio comunale, che ha riguardato la quasi totalità dei manifestanti, inclusa la figura di Greta Thunberg. A questo si è aggiunta la già citata multa di 150 euro per ciascuno degli attivisti identificati. L’evento ha innescato una significativa discussione pubblica sulla legittimità e sulle modalità di tali forme di protesta.
La dura reazione del presidente Zaia
Uno dei commenti più severi e autorevoli in seguito all’accaduto è stato quello del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Il governatore ha espresso una dura condanna nei confronti dell’azione, definendola un “gesto poco rispettoso” nei confronti delle città venete, della loro profonda storia e della loro intrinseca fragilità. Zaia ha inoltre sollevato il potenziale rischio che un’azione del genere possa avere conseguenze sull’ambiente, pur essendo il colorante dichiarato innocuo dagli attivisti. La sua critica si è focalizzata in particolare sulla partecipazione di Greta Thunberg. Il presidente ha dichiarato di essere “ancora più stupito” nel vedere l’attivista svedese tra gli artefici di quella che ha etichettato come una “inutile protesta”.
Secondo Zaia, tale manifestazione non era primariamente volta a sensibilizzare sull’ambiente, ma piuttosto a “dare visibilità a loro stessi”. Il suo commento si è concluso con l’affermazione che, a suo avviso, agli autori della protesta “dell’ambiente e delle nostre città, nonché della loro fragilità, non interessa assolutamente nulla”. Questo ha evidenziato una netta spaccatura tra le intenzioni degli attivisti e la percezione delle istituzioni regionali riguardo all’efficacia e all’appropriatezza del metodo di protesta.

L’onda verde: una mobilitazione nazionale coordinata
L’azione dimostrativa avvenuta sul Canal Grande a Venezia non è stata un episodio isolato, ma si è inserita in una più ampia e coordinata mobilitazione nazionale promossa dal movimento Extinction Rebellion. Nello stesso giorno della protesta veneziana, gli attivisti hanno eseguito azioni analoghe, tingendo di verde fiumi, canali e specchi d’acqua in un totale di dieci diverse città italiane. La motivazione alla base di questa capillare diffusione del gesto era riassunta nello slogan “Fermare l’ecocidio”. I manifestanti miravano a denunciare in modo eclatante le “politiche ecocide” messe in atto dal governo. Per le loro proteste, sono stati scelti luoghi considerati ad alto valore simbolico e particolarmente esposti all’impatto delle crisi ambientali. Tra i siti coinvolti si annoverano i Murazzi di Torino, dove è stato tinto il fiume Po in secca, il Reno nel Canale delle Moline a Bologna, la Darsena milanese e i navigli di Milano. Altri luoghi di protesta sono stati il torrente Parma, il fiume Tara a Taranto, le acque marine di Trieste e l’antico porto de La Cala a Palermo. In altre località, l’attenzione è stata focalizzata su elementi urbani di rilievo, come le fontane di Prato della Valle a Padova e Piazza De Ferrari a Genova, anch’esse colorate di verde. Questa simultaneità delle proteste in diverse regioni ha enfatizzato la portata del messaggio e la coesione del movimento.
La sostanza chimica utilizzata in tutte queste manifestazioni è la fluoresceina, un sale sodico che ha la peculiare capacità di tingere l’acqua di un verde brillante e altamente visibile. Gli attivisti di Extinction Rebellion hanno rivendicato l’uso di questo colorante in quanto, secondo le loro dichiarazioni, si tratterebbe di una sostanza innocua per l’ambiente acquatico. Essi hanno sottolineato come la fluoresceina sia ampiamente impiegata anche in contesti scientifici e professionali, in particolare da speleologi e subacquei, che la utilizzano regolarmente per compiti di monitoraggio dei flussi idrici e per tracciare le correnti. La scelta di questa sostanza è stata dunque giustificata dagli ecoattivisti come un potente strumento di forte impatto visivo al servizio della protesta “Stop Ecocide”. L’obiettivo era quello di generare un’immagine dirompente e immediata, capace di catturare l’attenzione dei media e del pubblico sulla gravità della crisi climatica e ambientale. Nonostante le rassicurazioni degli attivisti sulla sua innocuità, l’uso del colorante in luoghi di grande valore storico e ambientale come il Canal Grande ha comunque generato un acceso dibattito sulla liceità e l’opportunità di inquinamento visivo in nome della protesta ambientale.


