
La nuova nota dottrinale diffusa dall’ex Santo Uffizio riporta al centro del dibattito ecclesiale il valore della monogamia come elemento costitutivo del matrimonio cristiano. Il documento nasce nel solco dell’ampia discussione maturata negli ultimi anni, soprattutto durante il Sinodo mondiale, e riprende il filo che dal Concilio Vaticano II arriva fino all’attuale riflessione sulla vita coniugale. Un testo pensato per offrire una lettura positiva dell’unità matrimoniale, arricchito da citazioni letterarie che spaziano da Pablo Neruda a Eugenio Montale, e che rilegge la relazione tra i coniugi come una comunione totale, esclusiva e feconda.
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Poligamia africana e poliamore occidentale
La nota, intitolata “una caro”, prende le mosse da due fenomeni che, negli ultimi anni, hanno posto nuove sfide alla pastorale: da un lato la poligamia praticata in alcune comunità africane, dall’altro la diffusione del cosiddetto poliamore in vari Paesi occidentali. Lo spiegano chiaramente il cardinale Victor Manuel Fernandez e monsignor Armando Matteo, che introducono il documento ricordando come i vescovi africani, pur opponendosi alle aperture verso le coppie omosessuali, difendano la pratica poligamica nei contesti culturali del loro continente.
Durante i lavori sinodali del 2023-2024 la questione è emersa in modo evidente, portando alla creazione di un gruppo di studio teologico guidato dal cardinale Fridolin Ambongo Besungu. In attesa delle conclusioni, l’ex Santo Uffizio ha scelto di intervenire con una riflessione che non intende contestare direttamente poligamia o poliamore, ma valorizzare gli elementi positivi e costitutivi dell’unità coniugale come proposta cristiana.

Non un documento sull’indissolubilità
La nota ribadisce che le due proprietà essenziali del matrimonio sono unità e indissolubilità, ma chiarisce sin da subito che il testo non affronta il tema della durata del vincolo né quello della procreazione. L’obiettivo è concentrarsi esclusivamente sull’unità, intesa come unione unica ed esclusiva tra un uomo e una donna, una dimensione che nel Magistero – sottolinea il documento – è stata storicamente meno approfondita rispetto all’indissolubilità.
La riflessione punta così a illuminare la relazione tra i coniugi come appartenenza reciproca, come comunione che non può essere condivisa con altri e che costituisce la base spirituale, affettiva e morale della coppia. Una scelta che richiama la tradizione biblica e patristica e che si propone di riportare l’attenzione su ciò che rende il matrimonio un legame totalizzante.
Papi, teologi e poeti nella riflessione dottrinale
Una parte consistente del documento ripercorre testi e testimonianze che, nel corso dei secoli, hanno contribuito a definire il senso dell’unità matrimoniale. Vengono richiamati passi dell’Antico e del Nuovo Testamento, interventi di Papi – da Innocenzo III a Leone XIV – e contributi di teologi e padri della Chiesa. La novità sta nell’inclusione di immagini e versi poetici che illuminano la dimensione affettiva dell’amore coniugale: da Neruda a Montale, da Paul Éluard a Emily Dickinson.
L’intento è mostrare come il matrimonio, oltre a essere un istituto sacramentale, sia anche un’esperienza umana e narrativa, capace di esprimere la profondità della relazione tra due persone che decidono di condividere la vita.
La “carità coniugale” come forma di amicizia
La nota dedica ampio spazio alla carità coniugale, definita come la forma più alta della comunione tra i coniugi. L’ex Santo Uffizio descrive la mutua appartenenza come una relazione fondata sul rispetto, sulla cura e sulla consapevolezza che l’altro non è mai uno strumento per colmare bisogni personali.
La relazione affettiva è descritta come un’amicizia totale, fedele e costante, capace di maturare anche nei momenti in cui la sessualità o la procreazione non risultano possibili. Il documento sottolinea che l’unione sessuale, espressione della carità coniugale, deve rimanere aperta alla vita, pur non essendo necessario che ciò diventi il fine di ogni atto.
Non solo procreazione
L’ex Santo Uffizio riprende anche alcune riflessioni attribuite a Karol Wojtyla, ricordando tre situazioni emblematiche: le coppie non fertili, quelle che non vivono ogni atto sessuale con finalità procreative e quelle che rispettano i periodi naturali di infertilità. Il testo ribadisce che una visione integrale della carità coniugale non nega la fecondità, ma la inserisce in un contesto più ampio e complesso, in cui la maturità spirituale e affettiva diventa la dimensione primaria del matrimonio.

Concilio Vaticano II e la dialettica sui fini
La nota rilegge anche alcuni passaggi cruciali del dibattito conciliare, ricordando come il Vaticano II abbia interpretato il matrimonio come una comunione di amore e di vita, non orientata esclusivamente alla procreazione ma al bene integrale degli sposi.
Viene richiamato anche il contributo di Pio XI, che aiutò a superare la rigida distinzione tra fini unitivi e procreativi, ponendo al centro la carità coniugale come principio interpretativo essenziale della vita matrimoniale.
Un messaggio controcorrente destinato ai Vescovi
Nella parte introduttiva, il dicastero per la Dottrina della fede riconosce che questa proposta potrà apparire contro corrente nel contesto culturale contemporaneo, ma richiama le parole di Sant’Agostino: “Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico”. La nota, approvata da papa Leone XIV il 21 novembre, è rivolta in primo luogo ai Vescovi ma intende raggiungere anche coppie, fidanzati e giovani, offrendo una visione ampia e coerente dell’unità coniugale come fondamento della vita matrimoniale cristiana.


