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Salvini trema davvero: la leadership è sotto attacco su due fronti

Pubblicato: 25/11/2025 09:31

Il dato più evidente, quello che apre la crepa nella corazza di Matteo Salvini, arriva dal Veneto, dove la Lega non è più la macchina granitica di qualche anno fa. Il partito arretra, perde spinta, si affloscia dove un tempo faceva il pieno assoluto. E proprio da lì, dal suo antico fortino, parte oggi la fibrillazione che mette davvero in discussione la leadership nazionale del segretario. Perché nella regione simbolo dell’identità leghista non è solo la percentuale del partito a colpire: è la geografia del consenso interno. Salvini non ha mai temuto gli avversari fuori dalla Lega. Li ha sempre affrontati con la ruvidità del combattente politico. Ma oggi la minaccia arriva da dentro, da due figure che parlano a pezzi diversi dell’elettorato e che rompono la verticalità del comando salviniano.

Il primo fronte è quello di Vannacci, che non ha bisogno di apparati né di sigle: funziona da solo, parla il linguaggio del movimentismo identitario, intercetta una destra radicale che guarda alla Lega non più come casa naturale ma come contenitore da riconquistare. Il suo peso non sta solo nel numero delle preferenze, comunque imponente: sta nella natura di quel voto, personalizzato, militante, scollegato dalla struttura e difficile da ricondurre all’unità. È un terremoto silenzioso, perché introduce nella Lega un modello che non è mai appartenuto al partito: il capopopolo che può fare a meno del partito stesso.

La seconda faglia interna

Ma se Vannacci è il fronte destro, quello che agita la pancia del partito, sul versante istituzionale la scossa arriva da Zaia, tornato di fatto battitore libero. Dopo anni di equilibrio diplomatico, il governatore rialza la testa proprio nel momento in cui Salvini incassa percentuali più basse del previsto. E lo fa con una forza che nessun altro leghista può vantare: un radicamento personale immenso e un bottino di 200.000 preferenze che, anche da solo, è un segnale politico chiarissimo. Non è un atto di ostilità, non è una dichiarazione formale: ma è un messaggio che tutti hanno letto allo stesso modo. Se Zaia vuole, può muoversi.

La sfida interna che cambia il futuro della Lega

La verità è che Salvini si trova ora stretto tra due spinte contrapposte, entrambe potenzialmente letali per la sua leadership: da un lato il radicalismo identitario di Vannacci, dall’altro la governance moderata e popolare di Zaia. Due mondi che finora convivevano solo perché Salvini garantiva un equilibrio verticale e indiscusso. Ma con un partito che in Veneto non corre più e con il clima interno che cambia, quell’equilibrio non è più sufficiente.

Ecco perché Salvini trema davvero: non perché rischia una sconfitta elettorale, ma perché rischia, per la prima volta, una sconfitta interna. E quando la minaccia arriva dal cuore del proprio partito, il futuro non è più soltanto incerto: diventa improvvisamente negoziabile.

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