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Bimbi nel bosco, l’assistente sociale: “Da parte dei genitori un muro di ostilità”

Pubblicato: 26/11/2025 07:13

La vicenda dei tre bambini sottratti ai genitori che vivevano tra i boschi di Palmoli continua a sollevare tensioni e interrogativi. L’assistente sociale che ha seguito il caso ha descritto una situazione segnata da un forte muro di ostilità da parte della coppia, un rifiuto costante verso qualsiasi tipo di sostegno o confronto. Secondo il suo racconto, fin dai primi interventi sarebbe stato impossibile avviare un percorso di collaborazione.

Gli operatori spiegano che i genitori hanno respinto ogni proposta: dalle soluzioni abitative alternative agli interventi igienico-sanitari, fino all’inserimento scolastico dei bambini. Le istituzioni avevano espresso preoccupazione crescente per le condizioni di vita dei minori, giudicate non adeguate e potenzialmente dannose per la loro crescita.

La casa della famiglia nel bosco di Palmoli

Il rifiuto, protratto nel tempo, avrebbe impedito qualsiasi mediazione. Per questo, l’atteggiamento definito come un “muro di ostilità” è diventato uno dei punti centrali della relazione che ha portato al successivo intervento del tribunale. L’allontanamento dei bambini è stato considerato l’unico strumento per garantire loro un ambiente più stabile e protetto.

Nella ricostruzione dei servizi sociali hanno pesato vari fattori: l’assenza di servizi basilari, l’isolamento quasi totale dal contesto sociale, la mancanza di relazioni educative e il rifiuto dell’obbligo scolastico. Elementi che, messi insieme, avrebbero creato un quadro di grave emarginazione difficile da sanare senza una decisione drastica.

La sospensione della responsabilità genitoriale non è stata dunque conseguenza di un episodio improvviso, ma il punto finale di una lunga sequenza di tentativi falliti. I servizi avrebbero cercato più volte di evitare la rottura del nucleo familiare, ma la chiusura dei genitori avrebbe reso impossibile una protezione graduale e non traumatica.

Dettaglio della casa della famiglia nel bosco

La decisione del tribunale ha però scatenato reazioni durissime. Le ultime ore sono state segnate da polemiche e attacchi contro chi ha firmato il provvedimento, con accuse di aver “strappato” i figli alla famiglia. Una narrazione emotiva che ha alimentato ulteriormente la tensione attorno a un caso già molto delicato.

Parallelamente, sono state annunciate verifiche interne per accertare la correttezza dell’operato degli assistenti sociali e delle autorità coinvolte. La famiglia, attraverso i propri legali, ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso, sperando in una revisione in tempi rapidi e nel ritorno dei bambini per le festività.

La vicenda ha rilanciato un confronto più ampio sul ruolo dello Stato nella tutela dei minori. Temi come l’educazione alternativa, la libertà di scelta genitoriale e i limiti dell’intervento pubblico tornano al centro del dibattito, insieme alla questione — sempre sensibile — di quanto a lungo lo Stato debba attendere prima di intervenire in situazioni ritenute pericolose.

Resta infine l’interrogativo più difficile: come bilanciare la libertà delle famiglie con il diritto dei bambini a crescere in un ambiente sicuro. Il caso di Palmoli mostra quanto labile sia questo confine e quanto complesso sia il lavoro degli operatori chiamati a valutarlo, spesso nel mezzo di polemiche e giudizi fortemente polarizzati.

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